L'articolo del mese
SETTEMBRE 2022
Dilettanti a pagamento
Accade spesso che i fotoamatori mi scrivano dichiarando di avere svolto o di volere svolgere servizi fotografici retribuiti e sollecitando il mio punto di vista sull’argomento: possiamo farlo? Non si configura come concorrenza sleale nei confronti dei professionisti? Come dobbiamo regolarci con i pagamenti?
Bene, dirò quello che penso, e che so, con la massima chiarezza di cui sono capace.
La differenza fondamentale tra il dilettante (colui che pratica un’attività per divertimento) e il professionista (colui che pratica la stessa attività per denaro) non consiste nel possesso di una partita IVA, e neppure nella qualità del prodotto.
Anzi, il dilettante, che non è condizionato dalle esigenze del cliente e dalle scadenze da rispettare, è libero di seguire un proprio percorso di crescita stilistica, che lo porta a ottenere risultati spesso qualitativamente superiori a quelli di molti professionisti.
La vera differenza sta – essenzialmente – in due aspetti ben più caratterizzanti.
Prima di tutto nell’impegno, nell’esperienza, nello studio continuo e nell’incessante approfondimento che il professionista deve (o almeno dovrebbe) mettere in campo per rimanere concorrenziale; poi, soprattutto, nella continuità con cui si svolge un determinato lavoro.
Il fatto che io mi diverta a cucinare, sperimentando nuove ricette, non fa di me un cuoco, né tantomeno uno chef.
Non tanto perché non ho il codice ATECO che mi identifica come cuoco, quanto perché non possiedo la formazione e la preparazione necessarie per svolgere quel tipo di attività; poi perché il mio lavoro è un altro, e io dedico alla cucina il mio tempo libero, cioè un tempo residuale, non per mestiere ma per divertimento.
Esattamente come chi per mestiere fa l’impiegato, il medico, l’operaio o il consulente d’azienda, e che fotografa per hobby (cioè per divertimento) non importa con quanta capacità, esperienza e assiduità.
Come tanti, prima che professionista io sono stato dilettante, ma già in questa veste avevo iniziato non soltanto a occuparmi di fotografia e di tecnologie audiovisive per conto dell’amministrazione per cui lavoravo, ma anche a collaborare con enti pubblici e agenzie di formazione, sia producendo immagini, sia svolgendo incarichi di docenza, che venivano ovviamente retribuiti.
Essendo lavoratore dipendente, compilavo una semplice parcella per prestazione occasionale (e tra poco vedremo che cosa vuol dire occasionale), soggetta a ritenuta d’acconto, come prescritto dalla legge.
Quando la mia attività di formatore iniziò a diventare più continuativa (e tra poco vedremo che cosa vuol dire continuativa), gli stessi soggetti istituzionali con cui collaboravo mi invitarono a modificare la mia posizione fiscale aprendo una partita IVA.
Molti non lo sanno, ma numerose aziende o enti pubblici permettono ai dipendenti di avere una partita IVA, a patto che l’attività praticata non entri in concorrenza con quella svolta come dipendente.
Ma non avrei potuto continuare come prima, producendo ogni volta una parcella per prestazione d’opera occasionale?
No, perché la parola “occasionale” non è stata messa lì per caso.
Per la legge, “occasionale” non vuol dire che si lavora una volta ogni tanto (anche i professionisti attraversano periodi difficili in cui i lavori assumono un andamento sporadico), ma che si tratta di un lavoro che si è presentato per caso, cioè come un’occasione, senza che ce lo siamo andati a cercare: una coppia di conoscenti, che ci chiedono di realizzare il reportage del loro matrimonio; il parroco, che ha bisogno di un fotografo “ufficiale” per le prime comunioni; la biblioteca di quartiere, che ci incarica di documentare la presentazione di un libro; l’amico ristoratore, che vuole farsi un sito internet e ci chiede di fotografare gli interni della sua trattoria.
Al contrario, non possono considerarsi occasionali – faccio un esempio personale – incarichi di docenza svolti annualmente per agenzie di formazione accreditate presso un ente territoriale, né servizi fotografici realizzati (anche se con cadenza irregolare) per aziende o enti pubblici.
Un’attività del genere, per la legge, è da considerarsi continuativa, il che non significa che la facciamo tutti i giorni, ma che ha carattere di continuità, cioè che viene ripetuta, non importa con quale frequenza.
Quando questo succede, dobbiamo modificare il nostro regime fiscale e aprire una partita IVA.
Ma fino a quando questo non si verifica, e il dilettante continua a esercitare attività occasionali, con il significato e nei limiti che abbiamo spiegato prima, basta presentare parcella con ritenuta d’acconto.
Attenzione però, perché a volte il fotoamatore si lascia trascinare da un entusiasmo pericoloso.
Galvanizzato dal fatto di avere svolto il suo primo servizio fotografico retribuito, si presenta sui social come “Mario Rossi photographer”, si fa stampare dei biglietti da visita e magari si confeziona un sito internet per mettere in mostra e proporre i suoi lavori.
Insomma, diventa imprenditore (nel senso che si dedica a una impresa).
A quel punto rischia: se si presenta in quel modo vuol dire che la sua attività non è più occasionale, ma continuativa, o almeno vorrebbe esserlo (se poi lui non riesce a renderla tale è un problema suo, si chiama “rischio d’impresa”).
E non serve che dichiari di aver fatto solo un lavoro e poi basta: se si presenta come fotografo deve comportarsi come tale, avere una partita IVA ed essere iscritto all’INPS.
Quindi, ecco il mio consiglio ai fotoamatori: all’inizio, volate basso.
Non vi presentate come fotografi se ancora non lo siete: fare fotografie, anche belle, non significa essere fotografi, così come il fatto che io sappia riparare una presa di corrente non fa di me un elettricista.
Se svolgete incarichi retribuiti, presentate regolare parcella e dichiarate il reddito percepito.
Quando poi la vostra attività diventerà più continuativa, allora potrete intraprendere gli adempimenti fiscali che vi trasformeranno in professionisti.
Ripeto, in molti casi questo è possibile anche se si continua a lavorare come dipendenti, purché il proprio contratto di lavoro non lo vieti espressamente.
Aprire una partita IVA non costa nulla e se si rimane in regime forfettario, almeno per ora, non si deve neppure applicare l’IVA sulle fatture.
A quel punto potrete scatenarvi con biglietti da visita, magliette con il vostro logo, striscioni stradali, siti internet e spot su Canale 5.
Se volete conferma di quanto detto, consultate il sito dell’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti, alla pagina (http://www.fotografi.org/prestazione_occasionale.htm).
A questo punto sento già serpeggiare il dubbio: ma se facciamo un lavoretto ogni tanto e stiamo buoni e tranquilli senza metterci in mostra, non possiamo bypassare tutta questa manfrina fiscale e farci pagare così, brevi manu, come se vendessimo una bici usata a un amico?
Bene, ci sono due obiezioni da considerare.
La prima, la più ovvia e scontata, e la liquidiamo subito, riguarda la concorrenza sleale da parte di chi si fa pagare in nero verso chi invece è costretto a versare all’erario una parte non irrilevante dei suoi redditi da lavoro autonomo.
Ma non è questo ciò che io considero più importante: un servizio fotografico svolto una tantum da un dilettante che non lo dichiara al fisco, certo non va bene, ma la cosa non mi spinge a stracciarmi le vesti per lo scandalo, e di sicuro non sono io a dover temere questo tipo di concorrenza.
Quello che per me conta davvero è la credibilità personale.
Indipendentemente dall’essere dilettanti o professionisti, dallo svolgere un’attività occasionale o continuativa, presentare al cliente un documento comprovante la propria regolarità fiscale (fattura o parcella che sia) è indice di serietà, di professionalità e di rettitudine morale; chi ci ha dato l’incarico ci riterrà seri e affidabili e sarà invogliato a rivolgersi ancora a noi per il futuro, garantendoci così nuovi incarichi e – di conseguenza – nuovi guadagni.
I clienti migliori, quelli con cui si lavora volentieri e che pagano bene e in fretta, sono quelli con i quali conviene dimostrarsi corretti anche da quel punto di vista.
Certo, ci sono fotografi che fanno i furbi (e ne conosco anche di professionisti).
Ma – guarda un po’ – finiscono prima o poi per incappare nei clienti che si meritano.
In bocca al lupo!