Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere piů divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

SETTEMBRE 2012

Al ritorno dalle vacanze l’attrezzatura fotografica ha spesso bisogno di cure.
Niente di grave, ma la sabbia portata dal vento, la polvere dei sentieri di montagna, l’aerosol marino, il sole e l’umidità… insomma tutte quelle cose che ci hanno fatto sentire vivi, attivi e “in vacanza”, non sono altrettanto benefiche per i circuiti elettrici e le lenti degli obiettivi.

Pulire fuori...

La prima cosa da fare è un’accurata pulizia esterna: la carrozzeria dell’apparecchio va pulita con un panno morbido leggermente inumidito, mentre per il mirino ottico e i display possono essere usati i liquidi appositamente progettati per pulire lo schermo del PC.

...e dentro

Il pennello Arctic Butterfly della Visible Dust nel suo elegante e morbido astuccio. Questo modello ha addirittura due lampadine a led per illuminare il sensore mentre lo pulite.La pulizia del sensore va effettuata con particolare cura.
Prima si spolvera lo specchio reflex con un pennellino morbido, avendo cura di non toccarlo con le dita per non esercitare su di esso la benché minima pressione.
Evitare le bombolette di aria compressa, il cui soffio violento potrebbe sospingere la polvere in interstizi non più raggiungibili.
Poi, sollevato lo specchio, si procede alla pulizia del sensore.
La spolveratura può essere fatta con un pennello morbido dedicato solo ed esclusivamente a questa funzione.
Visible Dust produce un aggeggio chiamato, chissà perché, Arctic Butterfly, che ovviamente con le farfalle e l’Artico non ha niente a che vedere.
Si tratta di un pennello montato in cima a un supporto girevole alimentato a batteria.
L’aspetto è molto elegante e quasi avveniristico (compreso l’elegante astuccio morbido nel quale il pennello è adagiato, manco fosse cristallo di Boemia), ma il funzionamento è semplice: azionando un interruttore il pennello inizia a ruotare vorticosamente, caricandosi di elettricità statica.
Dopo alcuni secondi bisogna spegnere l’interruttore e passare delicatamente il pennello (fermo!) sul sensore, nel senso della lunghezza e in una sola direzione, una sola volta.
Poi si fa nuovamente ruotare il pennello, sia per liberarlo dalla polvere accumulata sia per caricarlo ancora di elettricità statica.
Dopo qualche secondo si arresta la rotazione e si passa una seconda volta il pennello sul sensore, nella direzione opposta alla precedente.
Ciò fatto, si ripone il pennello nella sua custodia (religiosamente, perché lo avete pagato 125 Euro su Amazon, quindi maneggiatelo come fosse un figlio).
A questo punto potrebbe bastare, ma c’è la possibilità che sul sensore si siano depositate della polvere grassa o delle microscopiche tracce di acqua che il pennello non basta a rimuovere.
Una serie di swab della Visible Dust.Per cui all’azione del pennello si fa seguire l’azione dello “swab” (letteralmente tampone, strofinaccio): una specie di scopina in carta di riso montata su un manico di plastica.
Si inumidisce il bordo della scopina con l’apposito liquido (una, massimo due gocce) e la si passa sul sensore, prima in una direzione e poi nell’altra, una sola volta.
Il liquido è volatile e asciuga subito.
Usatelo con parsimonia, prima di tutto perché non serve annegare il sensore, basta pulirlo; poi perché anche lui non si vende al prezzo delle patate (ma non avete idea di quanto costi quello prodotto dalla Phase One per i suoi sensori digitali di medio formato, quindi non lamentatevi perché io sto peggio!).
Tutto semplice? Sì, a patto che

  1. La larghezza degli swab deve essere pari alle dimensioni del lato corto del sensore: quando li acquistate, precisate se avete un sensore full-frame o un APS-C;
  2. L’Arctic Butterfly deve essere fatto ruotare lontano dal sensore, altrimenti la polvere di cui si libera torna a depositarvisi;
  3. E’ fondamentale che l’operazione venga fatta in un luogo pulito e non polveroso, possibilmente con le finestre chiuse;
  4. Ma soprattutto, ricordate che il pennello NON VA FATTO RUOTARE quando è a contatto con il sensore!

Ma insomma, dirà qualcuno, non posso evitare tutte queste rogne e portare il sensore a pulire in laboratorio?
Sì sì, per carità, peccato che il centro di assistenza Canon di Torino mi prenda 30 Euro per pulire il sensore delle APS-C e 55 per quello delle full-frame, solo perché sono “professionali”.
E’ vero che i kit di pulizia e il pennello rotante costano cari, ma in due o tre volte avrete largamente ammortizzato la spesa.
E i sensori autopulenti? Quelli che appena accendi la macchina prendono la tremarella e si scrollano di dosso la polvere?
Beh, anche quelli vanno puliti perché, come dicevo, non è solo la polvere che sporca il sensore, ma anche impurità appiccicose che né il pennello né tantomeno la scrollatina all’accensione riescono ad eliminare.
A parte il fatto (detto tra noi) che non ho mai capito dove va la polvere che il sensore si è appena scrollato di dosso…
Come faccio a sapere se il sensore è pulito?
Ci sono due metodi.
La Quasar Sensor Loupe della Visible Dust, dotata di led per illuminare il sensore alla ricerca di polvere e macchie.Il primo consiste nell’acquistare l’apposita lente.
La solita Visible Dust produce una Quasar Sensor Loupe che ingrandisce sette volte.
Appoggiata al bocchettone portaottica permette di vedere se sul sensore è rimasta della polvere.
Il secondo, adatto a chi non voglia spendere i quasi 90 Euro della lente, consiste nel fotografare una superficie uniforme (un muro bianco o il cielo azzurro).
Scaricata la foto sul PC si aumentano il più possibile i livelli di contrasto e la si osserva al 100%: se si nota ancora qualche macchiolina si ripete daccapo tutto il procedimento.

La pulizia degli obiettivi

Il kit di pulizia obiettivi commercializzato da Carl Zeiss.Ancora più delicata è la pulizia delle lenti degli obiettivi.
Prima di tutto occorre togliere la polvere con un pennellino morbido, poi si eliminano le tracce di grasso, le impronte d’acqua e le ditate.
I liquidi generici per la pulizia delle lenti mi lasciano perplesso: non so mai se e in che modo le sostanze chimiche e i solventi che contengono possano reagire con il trattamento antiriflesso.
Carl Zeiss correda i suoi obiettivi con un kit di pulizia dedicato: pennello, cartine e detergente liquido.
L’unico di cui mi fido, essendo prodotto (o meglio fatto produrre, ma evidentemente testato) dalla stessa casa che fabbrica le mie lenti.
Ma anche in questo caso uso pochissimo il detergente liquido: non più di un paio di volte all’anno in condizioni normali, oppure dopo una sessione fotografica particolarmente impegnativa per le attrezzature.
Le ormai introvabili cartine di pulizia Kodak in carta di riso. Quando non ho a disposizione il kit della Zeiss faccio ricorso alle cartine di pulizia Kodak (sempre più difficili da trovare, ma per fortuna ci sono alternative), oppure a panni in microfibra, umidificando la lente da pulire con il semplice fiato.
Attenzione: le cartine di pulizia devono essere quelle prodotte con carta di riso (come le Kodak, appunto): le cartine per la pulizia degli occhiali sono troppo dure e possono rigare lo strato antiriflesso.
I panni in microfibra vanno usati solo se puliti, dal momento che possono trattenere granelli di polvere, e certa polvere, si sa, può essere molto dura!
Per lo stesso motivo vanno evitati fazzoletti, carta da cucina, lembi della camicia e magliette, magari belle intrise di sudore.
Alla prossima.