L'articolo del mese
Maggio 2017
Torino non sta mai ferma (e si fa fotografare)
“Torino always on the move”, Torino non sta mai ferma, è lo slogan coniato dallo Studio Testa che ha accompagnato per qualche anno i cambiamenti della città.
Alla fine del XX secolo la crisi della sua principale industria stava trascinando Torino verso un declino ritenuto inesorabile, e la classe dirigente della città si stava interrogando su come gestire questo declino nel modo più indolore possibile.
Ma il neoeletto sindaco Valentino Castellani non voleva passare alla storia come il sindaco della decadenza.
Radunò intorno a sé intellettuali e imprenditori, incaricandoli di redigere un piano strategico per la riqualificazione della città.
Come era già accaduto per altre città industriali (Manchester, Bilbao, Barcellona, Detroit) Torino doveva reinventarsi e riciclarsi, scrollarsi di dosso l’immagine di città industriale, sì elegante e raffinata, ma anche grigia e fredda, come una nobildonna decaduta, e investire nel nuovo.
Il primo piano strategico prese vita nel 2000 e fu il motore di una trasformazione in grado di stravolgere l’immagine della città a livello internazionale: cultura, ricerca, nuove tecnologie, riqualificazione urbana, recupero delle aree industriali, passante ferroviario, metropolitana…
Queste non furono che alcune delle sfide affrontate e vinte.
Poi, sia per l’eccellenza del suo piano strategico, capace di convincere i decisori internazionali, sia per uno di quei colpi di fortuna che cambiano la vita di persone e comunità, Torino fu scelta come sede delle olimpiadi invernali 2006.
Il che, è facile immaginarlo, diede un ulteriore colpo di volano alla città.
Dagli inizi del nuovo millennio Torino è un cantiere aperto dove idee, energie, imprenditoria, comunicazione, riqualificazione sociale sono le parole ricorrenti.
Nuovi quartieri nascono sulle grandi aree industriali dismesse; nuovi giardini, viali alberati e parchi ne fanno la città più verde d’Italia, mentre nuove arterie di scorrimento veloce – arricchite da opere d’arte a cielo aperto – ne uniscono i punti strategici.
La linea 1 della metropolitana (la prima metropolitana automatica d’Italia) è stata realizzata a tempo di record e già sono iniziati i lavori della linea due.
Il tutto unito a una qualità della vita che ha attirato in città imprenditori, aziende, investitori stranieri; ma anche studenti e ricercatori, stimolati dai livelli di eccellenza raggiunti nel campo della formazione e della cultura.
Presso il Politecnico di Torino nascono le idee e i progetti più innovativi nel campo delle nuove tecnologie.
Architetti e artisti di fama internazionale (Mario Botta, Massimiliano Fuksas, Renzo Piano, Arata Isozaki, Mario Merz, Per Kirkeby, per non citarne che alcuni) sono stati chiamati per progettare spazi e strutture, mentre la rassegna “Luci d’artista” coinvolge ogni inverno artisti da tutto il mondo.
Molti di questi lavori sono realizzati da architetti famosi (come il grattacielo di Intesa Sanpaolo realizzato da Renzo Piano, la chiesa del Santo Volto di Mario Botta o il grattacielo della Regione Piemonte progettato da Massimiliano Fuksas); altri, egualmente importanti, sono progettati e seguiti dai meno famosi ma non meno creativi architetti alle dipendenze della Città: un esempio – non raro, nonostante le dicerie diffuse – di come anche l’ente pubblico sappia esprimere professionalità e competenze di tutto rispetto.
Negli ultimi due anni sembra che l’attrattiva della città nei confronti degli investitori si sia notevolmente affievolita, ma per contro un’altra risorsa sta prendendo prepotentemente il sopravvento: il turismo.
Quella città che fino al 2006 era quasi sconosciuta a livello internazionale, se non come sede della Fiat, fu definita nel 2010 “la città più bella d’Italia” da un noto quotidiano statunitense, mentre nel 2016 il “New York Times” la classificò tra i luoghi più belli da visitare nel mondo (unica, paradossalmente, tra le città italiane).
Forse un’esagerazione, ma comunque una conferma che gli sforzi compiuti hanno prodotto i risultati sperati.
Grande importanza viene data non solo alla promozione della città a livello internazionale, ma anche alla comunicazione con i cittadini, e questo da prima che la legge 150 la rendesse obbligatoria per gli enti pubblici.
Le recinzioni dei cantieri, dipinte di blu e giallo (i colori del Comune) sono tappezzate di fotografie, mappe, progetti, per spiegare ai passanti che cosa si sta facendo e perché; numerosi punti informativi illustrano ai cittadini le iniziative in corso; filmati e programmi multimediali evidenziano i progetti destinati a cambiare il futuro della città.
La crescita è continuata nel 2011 con un nuovo importante evento: il 150° dell’unità d’Italia, che ha portato in città più turisti che a Firenze o Venezia: una tendenza in costante crescita, che ha toccato uno dei suoi vertici più significativi durante le vacanze di Natale 2016-2017.
In un panorama così vivo e stimolante, le occasioni fotografiche sono praticamente inesauribili.
In special modo trovano ampie possibilità espressive la fotografia d’arte e di architettura, l’archeologia industriale, la fotografia di eventi (non passa giorno senza che un evento sportivo, culturale o artistico sia ospitato in città, anche grazie alle possibilità offerte dagli impianti olimpici, o dalle numerose strutture destinate alla cultura).
Le fotografie 1 e 2 sono state realizzate presso l’ottocentesco Cimitero di Sassi, adagiato sulle sponde del Po in un’area ai piedi della collina.
Le immagini qui pubblicate fanno parte di un servizio realizzato per documentare il restauro della cappella e delle aree adiacenti al complesso.
Le fotografie da 3 a 7 raffigurano la chiesa del santo Volto.
Lungo il percorso della “Spina 3”, in una vasta zona un tempo occupata dagli stabilimenti della Fiat (le celebri “ferriere”), dalla Michelin e dalle Officine Savigliano, è stata edificata la chiesa del Santo Volto, che (al pari degli scheletri dei grandi capannoni industriali, alcuni dei quali sono stati volutamente lasciati sul posto, insieme alle vasche di lavaggio trasformate in fontane) intende mantenere la memoria storica di questa “città del lavoro”.
Il complesso architettonico, progettato dall’architetto Mario Botta, si propone come nuovo polo urbano e spazio di aggregazione sociale.
Come accadeva un tempo e ancora accade in molti piccoli centri, il sagrato della parrocchia simboleggia la “piazza” della comunità.
Gli edifici che circondano il vasto sagrato ospitano, tra le altre cose, i nuovi uffici della curia metropolitana.
Una vecchia ciminiera, l’unica non demolita, è stata utilizzata come campanile: memoria storica delle origini industriali del luogo e al contempo sostegno della croce, quasi a sottolineare quel rispetto quasi religioso del lavoro che è proprio dell’animo piemontese.
Nello stesso tempo è stata recuperata la piena funzionalità originaria della ciminiera, usata oggi come contenitore delle canne fumarie dell’intero complesso.
La pianta della chiesa, un poligono a sette lati, ricorda da vicino il disegno di un ingranaggio, ancora una volta richiamo architettonico alle origini industriali del luogo.
All’interno, sopra l’altare, è riprodotto il volto dell’uomo della sindone, tradotto in pixel bianchi e neri grazie a un gioco di pietre di diverso spessore e colore che materializzano la figura grazie alla luce radente che piove dall’alto: un richiamo alle antiche tecniche del mosaico rivisitate alla luce delle nuove tecnologie.
Le fotografie da 8 a 10 sono state scattate presso le Officine Grandi Riparazioni, prima della ristrutturazione che le ha trasformate in area espositiva.
C’è una costante nella mentalità sabauda: il rispetto quasi religioso per il lavoro.
Un culto laico ma non per questo meno radicato nella coscienza collettiva dei piemontesi, per i quali non c’è maggior onore per un uomo che un lavoro ben fatto.
Ed è questa la radice profonda del movimento operaio, non a caso nato a Torino: la consapevolezza della dignità e del valore di ogni tipo di lavoro, compresi quelli più vilipesi, disprezzati e sfruttati dalle classi dominanti.
Visitare i vecchi stabilimenti e le officine dismesse avendo ben presente questa realtà aiuta a considerare le strutture industriali non soltanto come luoghi di quotidiana e mal ripagata fatica, ma anche come luoghi di culto, quel “culto del lavoro” così radicato nel territorio e nella gente che lo abita.
Le Officine Grandi Riparazioni, costruite nel 1885, sono uno dei più importanti luoghi dell’industria torinese.
Le imponenti navate sono state adibite fino agli anni Settanta alla costruzione e manutenzione delle locomotive e dei vagoni.
Le installazioni di “Luci d’Artista” (fotografie 11-14) rappresentano da molti anni un elemento primario della stagione di “Contemporary Art Torino Piemonte”, ma sono anche espressione di quella volontà di portare l’arte nelle strade che caratterizza – come già abbiamo detto – la politica della città.
Di anno in anno la rassegna si arricchisce, coinvolgendo artisti di fama internazionale.
Sull’area dell’antica Piazza d’Armi sorgono lo stadio olimpico e il palazzo del ghiaccio (fotografie 15-17) progettato dall’architetto giapponese Arata Isozaki, che ha ospitato le gare di hokey durante le Olimpiadi invernali 2006, nonché le cerimonie di apertura e di chiusura dei giochi.
Lo stadio è il frutto della ristrutturazione del vecchio stadio comunale (1933), l’unico di Torino fino alla realizzazione dello Stadio delle Alpi, edificato in occasione dei mondiali di calcio del 1990.
Per anni abbandonato e degradato, utilizzato solo per allenamenti, il vecchio “comunale” è stato scelto, anche per la sua posizione centrale, come cuore dei giochi olimpici invernali del 2006.
A pochi metri dallo stadio sorge il palazzo del ghiaccio progettato da Arata Isozaky, che con i suoi 12.300 posti a sedere è il più grande palasport italiano.
L’edificio è un semplice parallelepipedo, interamente rivestito con “bugne” di acciaio inossidabile e vetro.
Di fronte allo stadio e al Palaisozaki sorge l’opera “Punti di vista” di Tony Cragg (fotografie 18-19).
Realizzata in occasione delle olimpiadi invernali del 2006, l’opera è costituita da tre colonne di bronzo modellate in superficie.
Ogni elemento, alto tra i dieci e i dodici metri, si avvolge verso l’alto con un movimento a spirale che richiama il dinamismo dei pattinatori su ghiaccio.
Osservando le sculture in controluce, nelle spire sinuose si possono intravedere profili di visi umani.
Investire in cultura significa anche rispondere alle esigenze di formazione permanente di una popolazione sempre più attenta e preparata.
Una grande biblioteca centrale e quindici biblioteche di zona unite da un’unica rete informatica costituiscono l’ossatura portante del Sistema Bibliotecario Urbano (fotografie 20-23), che unito al Sistema Bibliotecario dell’Area Metropolitana, forte di 70 biblioteche, è in grado di soddisfare tutte le necessità informative dei torinesi.
Alcune di queste biblioteche sono ubicate in edifici d’epoca; altre sono state realizzate ristrutturando con intelligenza edifici industriali preesistenti.
Una giornata in città, alla ricerca non tanto della Torino “classica” (i palazzi barocchi, il quadrilatero romano, la Mole Antonelliana e i monumenti più celebri) quanto della “nuova Torino” che abbiamo descritto, è in grado di stimolare la creatività e l’intelligenza di chi cerca nelle forme, negli spazi, nei volumi architettonici e nei chiaroscuri dell’arte moderna la propria fonte di ispirazione, come illustrano le immagini qui pubblicate.
Alla prossima.