Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere piů divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

NOVEMBRE 2014

La brutta stagione

Ok, l’estate 2014 si colloca al quattordicesimo posto tra le più piovose dal 1803 ad oggi. Negli anni Settanta (e precisamente nel 1972, 1976 e 1978) ce ne sono state di ancor più umide e fredde, ma la memoria degli umani è corta e tra vicini di casa e colleghi d’ufficio si continua a ripetere che questa è stata la peggiore estate di sempre.

Il che ha rappresentato una pacchia per i tiggì nazional-popolari, che hanno potuto colmare la tradizionale penuria di notizie estive parlando del tempo, anzi del maltempo, perché se non si danno notizie allarmanti l’audience precipita (“bad news, good news” è la prima regola del buon cronista).

Ovviamente ben pochi si sono preoccupati di approfondire, ad esempio ricordando che – Italia a parte – a livello mondiale l’estate 2014 è stata la più calda dal 1880 ad oggi; oppure citando tra le possibili cause il riscaldamento del Mediterraneo (più calore, più evaporazione e quindi più piogge) o il permanere della corrente a getto sull’Atlantico durante lo scorso inverno…
Ma si sa, il buon cronista deve occuparsi di tutto, e sempre nel modo più superficiale possibile.

Così, a parte il solito strafalcione ormai consolidato (“metereologi” invece di “meteorologi”), hanno pure coniato – novelli D’Annunzio! – una nuova espressione: “bomba d’acqua”, che ha preso il posto di “temporale” o “nubifragio”, ma ovviamente fa più paura.

In realtà la bomba d’acqua non è un semplice temporale, per quanto violento; è un evento catastrofico che si verifica là dove un fenomeno meteorologico (cioè naturale) di eccezionale gravità si innesta su una situazione territoriale degradata, il più delle volte a causa di un dissesto provocato dalle attività umane (e quindi non naturale). Insomma, l’espressione “bomba d’acqua” è riferita ai danni che un nubifragio può provocare, non al nubifragio in sé.

Ma a parte le derive dell’informazione, che in Italia hanno raggiunto livelli tragicomici, sta di fatto che l’estate da poco trascorsa si è rivelata disastrosa non soltanto per l’agricoltura e per la produzione vitivinicola in molte regioni italiane (ed è questo il vero dato preoccupante, così come è preoccupante la diminuzione dell’afflusso turistico con conseguente perdita di introiti da parte del settore ricettivo), ma anche per i vacanzieri, i quali sono convinti di avere il sacrosanto diritto a quindici giorni di solleone per il solo fatto che lavorano tutto il resto dell’anno.

Purtroppo il global warming è antisindacale e se ne frega delle esigenze dei lavoratori, che dal canto loro fanno ben poco per contrastarlo, dato che non rinunciano all’auto nemmeno per portare i figli a scuola, anche se questa dista un chilometro scarso da casa.

I capricci del clima non rispettano nemmeno i fotoamatori che sui forum, sui social network e sui blog continuano a dichiararsi delusi e demotivati dalla mancanza di “bel tempo”.

Senza pensare, invece, che il “maltempo” rappresenta una vera miniera di occasioni fotografiche e permette di esercitare la creatività molto più e molto meglio di quanto non facciano le giornate limpide e i cieli tersi.

Tra tutti i workshop che ho organizzato negli ultimi vent’anni, i più riusciti (cioè quelli dei quali i partecipanti si sono dichiarati più soddisfatti) sono stati caratterizzati da condizioni meteorologiche avverse, perché hanno permesso di scatenare la fantasia e di realizzare un servizio fotografico originale e denso di atmosfera.

Per questo quando organizzo un incontro di fotografia non programmo quasi mai percorsi alternativi in caso di maltempo, anche perché al professionista non sono concesse alternative: il giorno del matrimonio non si può rimandare, e così l’evento sportivo; e spesso la rivista chiede un servizio fotografico che deve andare in stampa l’indomani. Che ci sia il sole o piova, il fotografo deve comunque saper portare a casa un servizio vendibile.

Insomma, come sempre ripeto ai miei allievi, non esiste il cattivo tempo, esiste solo un equipaggiamento (anche mentale) inadeguato.

L’importante è saper riconoscere le situazioni di rischio (vero) e tenersene lontani, ma questa è una regola di buonsenso che esula dall’àmbito fotografico.

Un efficace cavalletto in fase di ripresa ci consentirà di ovviare alla scarsa luminosità (e quindi ai tempi di otturazione troppo lenti per evitare il mosso a mano libera), mentre una sapiente postproduzione sarà in grado di compensare i contrasti tra cielo nuvoloso (ma luminoso) e paesaggio terrestre in ombra, mettendo in risalto la drammaticità delle nuvole.

Le immagini che illustrano questo articolo sono state scattate con vento, nuvole, pioggia e fulmini, quasi tutte nell’estate 2014.

Una “brutta” stagione?

Alla prossima.

Gallery

Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini Vento, nuvole, pioggia e fulmini