Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

LUGLIO - AGOSTO 2018

Latinisti fasulli

Quello che dico adesso sembra non avere nulla a che fare con la fotografia.
Invece c’entra, e lo si capirà alla fine.
Venerdì 20 aprile 2018, i conduttori della nota trasmissione radiofonica “Il ruggito del coniglio” hanno proposto agli ascoltatori un gioco simpatico.
Partendo dal presupposto che la lingua ufficiale del Vaticano è il latino (per ovvi motivi di internazionalizzazione) e che i lessicografi vaticani lavorano senza tregua per tradurre in latino termini moderni come “tablet”, “selfie” o “flirt”, Marco Presta e Antonello Dose hanno invitato gli ascoltatori a telefonare proponendo le loro traduzioni.
Il target a cui la proposta si rivolgeva era chiaro: coloro che – avendo studiato il latino, e in Italia non sono pochi – avessero la voglia e la fantasia di cimentarsi a tradurre qualche termine moderno nella lingua di Cicerone.
È sciocco pensare che la proposta fosse elitaria o discriminatoria: anche quando Presta e Dose propongono di raccontare una brutta figura fatta come testimone di nozze il target è ben preciso (tutti quelli che hanno fatto il testimone di nozze almeno una volta nella vita) ed io – che non sono mai stato testimone di nozze – non mi sento per nulla discriminato.
Invece, la redazione è stata raggiunta da telefonate di persone che il latino non lo avevano mai visto neppure in cartolina, persuase che bastasse aggiungere “-ibus” a una parola per “parlare latino”, convinte di essere spiritose ma rivelando soltanto che non avevano capito un’emerita fava del gioco.
Proponevano traduzioni assurde in una lingua di fantasia, nemmeno lontanamente connessa con il latino, sia pure maccheronico, e togliendo spazio radiofonico a chi magari il latino lo sapeva, e avrebbe potuto proporre qualcosa di davvero creativo e divertente.
Ma il peggio è che gli ascoltatori normali (quelli che si limitano ad ascoltare la radio senza pretendere di farla), non conoscendo il latino, erano indotti a pensare che le sconcezze senza senso inventate dai latinisti fasulli fossero magari vere parole latine, cascando così nell’equivoco.
Possibile che in questo paese chi non ha alcuna competenza di una materia pretenda comunque di dire la sua e di sparare le proprie cavolate pur di apparire?
Sarebbe come se io pretendessi di intervenire in una discussione letteraria sulle tecniche narrative di James Joyce, io che l’inglese lo biascico, piuttosto che parlarlo, e che quando leggo la pagina politica di The Guardian mi aiuto col vocabolario (ma almeno la lingua un poco la conosco, anche se da principiante).

A questo punto, siete davvero convinti che anche in ambito fotografico non accada spesso la stessa cosa?
Accade eccome, e purtroppo il principiante non è sempre (anzi, non lo è quasi mai) preparato a discernere chi davvero conosce la materia da chi la conosce in modo maccheronico, o peggio non la conosce affatto, e spaccia bufale per notizie attendibili, il più delle volte per guadagnarci su (non sempre e non solo in termini di soldi, ma anche in termini di prestigio, di notorietà o di “like”).
Come difendersi?
Controllando sempre le fonti, cercando di capire chi è (e che esperienza ha) chi vuole insegnare qualcosa: il web è pieno di insegnanti tanto improvvisati quanto incompetenti, che pur di apparire si improvvisano guru, confidando nel fatto che nessuno andrà a controllare quello che stanno dicendo.
Ieri mio figlio pretendeva di pulire il monitor del suo PC seguendo un metodo “infallibile” scovato su un tutorial di YouTube. Meno male che l’ho fermato in tempo, prima che liquefacesse lo schermo riducendolo a una poltiglia informe.
Questo perché il lettore medio tende a fidarsi di quello che c’è scritto sui giornali, sui libri, e ora anche su Internet.
Lui parte dal presupposto che se qualcuno ha pubblicato qualcosa, allora aveva la competenza per farlo, e poi qualcun altro deve averlo controllato e autorizzato.
Questo può essere vero per quanto riguarda i libri (che passano attraverso una redazione editoriale), ma lo è meno per quanto riguarda i giornali e non lo è per nulla su Internet, dove chiunque può aprire un sito, o un canale YouTube, e sparare minchiate senza controllo (divertitevi a digitare “terra piatta” sulla barra di ricerca di YouTube).
Se tutti ci chiedessimo “Chi lo ha detto? Che competenze ha per dirlo?” non ci sarebbero calendari Maya, avvistamenti UFO e alimenti miracolosi.
Ma soprattutto non ci sarebbe chi predica che il flash snatura la fotografia, o che l’immagine digitale non deve essere elaborata perché la foto va vista “così come è stata scattata”.
E neppure si venderebbero anelli di inversione per montarvi lo zoom capovolto allo scopo di ottenere macro “professionali”.
Perché è questo uno dei più deleteri effetti collaterali della disonestà intellettuale dei falsi maestri, quando si unisce all’ignoranza (incolpevole) dei destinatari: alimentare un sottomercato di aggeggi inutili e “miracolosi” (devo ricordare la palla di plastica che inserita in lavatrice sostituisce il detersivo, di moda qualche anno fa e poi apertamente sconfessata da “Altroconsumo”?) che altro non fanno se non arricchire i loro astuti inventori, ma che aiutano il fotoamatore quanto una canna da pesca aiuterebbe un grizzly alla ricerca di salmoni.

Alla prossima.