Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

APRILE 2018

La magia del controluce

L’argomento di questo articolo è anche trattato nel video pubblicato sul nostro canale YouTube alla pagina https://youtu.be/5EPQm2oXNk8.

“Mettetevi il sole alle spalle” è la raccomandazione che si fa ai principianti assoluti.
Quando il soggetto è illuminato frontalmente, è difficile sbagliare la fotografia.
L’illuminazione diretta rende brillanti e saturi i colori, differenzia i toni, disegna i contorni, così che la fotografia “viene bene” anche se fatta con strumenti poco performanti, come un vecchio smartphone o una compatta economica.
Ma presto il fotografo – anche se principiante – inizia a stancarsi di fotografie che gli ricordano le cartoline che da bambino vedeva esposte dal tabaccaio del paese, e inizia a sperimentare altre soluzioni.
Fotografare con il sole di fianco è già meglio: la luce laterale modella le forme, esalta la struttura superficiale degli oggetti, crea interessanti giochi di luce e ombra.
Ma la situazione più creativa, anche se più difficile da gestire, è rappresentata dal controluce.
Che non può essere affrontato se si dispone di strumenti inadeguati, come quelli che abbiamo prima citato.
Anche gli obiettivi zoom possono creare dei problemi, a causa del loro schema ottico complesso, costituito da un numero di lenti elevato, necessario a garantire non solo l’escursione focale, ma anche la correzione delle aberrazioni.
Ma dove sta, esattamente, il problema?
Bene, una lente non è soltanto un mezzo trasparente attraverso il quale la luce passa, ma è anche una superficie capace di riflettere la luce.
Nel passaggio dall’aria al vetro, il raggio di luce viene non solo rifratto, come è giusto che sia, ma anche riflesso.
Nel passaggio successivo, dal vetro all’aria, accade la stessa cosa: il raggio viene riflesso all’indietro, dentro la lente, e inizia a rimbalzare all’interno del sistema ottico.
Se moltiplichiamo il fenomeno per molte lenti, ecco che la quantità di luce riflessa diventa significativa, provocando perdite di nitidezza, effetto-foschia e poligoni luminosi che altro non sono se non l’immagine fantasma del foro del diaframma.
La soluzione ideale consiste nell’utilizzare obiettivi dotati di poche lenti (quindi a focale fissa), oltre che di un efficace trattamento antiriflesso, montare sempre il paraluce, che tiene sotto controllo la luce proveniente dalle aree esterne al campo inquadrato.
Il problema non affligge solo gli zoom, ma più in generale gli obiettivi caratterizzati da un disegno ottico complesso, come ad esempio i grandangolari retrofocus usati comunemente sulle reflex.
Il nostro – ovviamente – è un discorso molto generico: esistono obiettivi complessi che reggono egregiamente anche il controluce più spinto, grazie a una progettazione accurata.
Per questo è sempre meglio consultare i test pubblicati dalle riviste del settore, o su Internet, per capire quali obiettivi siano più adatti a fotografare in condizioni “difficili”, cioè quando il sole o una fonte di luce diretta entrano nel campo inquadrato.
La seconda difficoltà è rappresentata dalla scelta della corretta esposizione.
L’esposimetro è tarato per restituire sempre e comunque il grigio medio, cioè il grado intermedio della scala zonale, che va dal nero assoluto al bianco assoluto.
In calce a questo articolo è pubblicata (ingrandibile) una rappresentazione della scala zonale teorizzata da Ansel Adams.
La riga in alto indica le undici aree della scala zonale.
La zona V corrisponde al grigio medio, la zona VI al tono della pelle caucasica media.
La seconda riga indica il codice esadecimale corrispondente a ciascun tono.
È il valore che il fotografo imposta su Photoshop quando definisce il colore del primo piano o dello sfondo.
La terza riga indica il grado di luminanza relativo a ciascuna delle undici zone.
La quarta e ultima riga indica il valore RGB corrispondente a ogni singolo tono di grigio.
A seconda del monitor e del sistema di visualizzazione in uso, le prime due e le ultime due zone potrebbero apparire indistinguibili.
Nel controluce, il lato del soggetto rivolto verso il fotografo è sempre in ombra, il che vuol dire che esiste un forte scarto tonale tra il soggetto scuro e lo sfondo molto chiaro.
Se si misura l’esposizione sul soggetto, questo sarà correttamente esposto, ma lo sfondo risulterà bruciato.
Se si espone per lo sfondo, il soggetto rischierà di apparire come una silhouette nera, con i particolari illeggibili. Può darsi che questo sia il risultato che volevamo ottenere, ma non sempre lo è.
L’unica soluzione per equilibrare i toni consiste nell’illuminare adeguatamente il soggetto.
Questo si può fare in due modi: o con un pannello riflettente, che può essere artificiale o naturale (sfruttando ad esempio il potere riflettente dell’acqua, della neve o della sabbia), o ancora utilizzando il flash come luce di riempimento, il cosiddetto fill-in.
Dosando sapientemente la quantità di luce emessa dal lampeggiatore, si può schiarire il primo piano in modo naturale, senza che la luce lampo risulti predominante e artefatta

Alla prossima

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