Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

FEBBRAIO 2020

Un metro e venti

Ho letto una volta (non ricordo dove) che il punto di ripresa ideale per far fronte alla maggior parte delle occasioni fotografiche sta tra i 120 e i 150 centimetri.
Troppo in basso per una persona di altezza media (la statura media degli italiani è infatti di 175 cm per i maschi e 162,5 cm per le femmine), ma facilmente raggiungibile quando si appoggia un ginocchio a terra.

Per quanto mi riguarda, quando lavoro a mano libera appoggio quasi sempre a terra il ginocchio destro, sul quale (da quasi trent’anni) alloggia un callo permanente: quello che io chiamo “il callo del fotografo”.
Lo faccio d’abitudine, tanto per fotografare le persone quanto per riprendere un paesaggio (a meno che, ovviamente, in primo piano non ci sia un cespuglio che impedisce la vista).
Un’abitudine che ho sempre trasmesso anche ai miei allievi.
E questo da molto prima di leggere quella notizia.
Anni fa ho anche acquistato uno sgabello pieghevole in tela, che viaggia sempre con me (insieme a un cavalletto) nel bagagliaio dell’auto; ma confesso di non averlo mai utilizzato, preferendo la tecnica del ginocchio a terra, più rapida e di facile esecuzione (ma adesso che sto invecchiando penso che comincerò a prendere in considerazione lo sgabello).

L’accorgimento è indispensabile specialmente quando si fotografano gli interni.
Lavorando in piedi, con la macchina sul cavalletto e il mirino all’altezza dell’occhio, si rischia di tagliare le zampe ai tavoli, ai letti e alle sedie, riprendendo invece una larga porzione di soffitto, generalmente inutile (a meno che non si voglia evidenziare la presenza degli apparati di illuminazione).
Abbassando l’inquadratura a un metro e venti (centimetro più, centimetro meno), si riesce a riprendere più facilmente la base degli arredi e tutta l’inquadratura risulta più naturale.

È vero che – con un grandangolo adeguato – basterebbe lavorare in verticale per riprendere tutto, e con abbondanza; ma a parte il fatto che in questo modo il soffitto diventerebbe davvero preponderante (costringendoci a un ritaglio, o crop, in fase di trattamento), c’è da dire che oggi molti clienti chiedono fotografie scattate in orizzontale perché destinate, per lo più, a essere pubblicate in rete.
E lavorando in orizzontale il giusto punto di ripresa diventa strategico.

Quindi il cavalletto dovrà essere regolato in modo che il sensore lavori proprio a quell’altezza.
Per evitare di dover osservare il mirino in ginocchio, o peggio ripiegati in posizioni da intervento ortopedico immediato, si rivelano utili le fotocamere con display orientabile, che si può osservare tranquillamente dall’alto.

La fotografia numero 1, mostra il sottoscritto lungo la Route 98 dell’Arizona, mentre riprende con un grandangolo da 35mm (sul formato pieno) l’asfalto e un tipico “cespuglio rotolante” (foto 2).
È intuitivo che un’inquadratura del genere non sarebbe stata la stessa se ripresa da un metro e ottanta di altezza.

La fotografia 3 e la fotografia 4 sono state scattate all’interno di un salone di bellezza, ovviamente con la macchina sul cavalletto.
La prima è stata scattata con il cavalletto tutto esteso e il sensore all’altezza dell’occhio: come si vede, c’è molto soffitto e gli arredi sono schiacciati in basso e parzialmente tagliati.
La seconda è stata scattata con il cavalletto abbassato (appunto, a circa 120 centimetri da terra), osservando l’inquadratura sul display orientabile.

La fotografia 5 raffigura mio figlio Federico all’età di due anni.
Nel fotografare i bambini è molto importante mettersi al loro livello, per evitare di ottenere mostriciattoli dal testone enorme e i piedini da mummia, come ha fatto la maestra che ha fotografato il bambino in figura 6.
Chinarsi è faticoso, ma fotografare stando in piedi – il più delle volte – produce mostri.
La prospettiva non perdona: ciò che è vicino viene raffigurato più grande, ciò che è più lontano è anche più piccolo.

Alla prossima.

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