Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

APRILE 2021

JPEG in salsa teriyaki

JPEG in salsa teriyaki

Originalità a tutti i costi, bizzarria, esteticità spicciola, ostentazione di perizia tecnica.
Queste sono le uniche definizioni che mi vengono in mente quando osservo certe fotografie che su Instagram raccattano una marea di “like”.
Ci hanno sempre raccontato che prima bisogna imparare a fotografare, poi imparare a sviluppare nel modo migliore la fotografia.
Per alcuni il percorso è capovolto: persone che per passione o per lavoro sono espertissimi di software si improvvisano fotografi, senza avere studiato per diventarlo.
E quando a qualcuno di questi io chiedo di definirmi la lunghezza focale di un obiettivo, o di spiegarmi come si rapportano tra loro il tempo e il diaframma (detto così, in modo semplice, perché se parlassi di “legge di reciprocità”, che è poi il modo corretto per dire la stessa cosa, temo che mi ritroverei nel deserto), balbettano risposte impacciate e quasi sempre campate per aria.
Fotografie dilettantesche e casuali, banali e insignificanti, perfino tecnicamente sbagliate, vengono postprodotte con i fiocchi e le frange, abbondanti effetti speciali e colori psichedelici, tutta forma e niente sostanza.

Questi individui mi ricordano certi chef che stupiscono gli avventori “altospendenti” (e spesso sprovveduti) con preparazioni dove regnano il kudzu e la salsa teriyaki, dove fanno capolino l’amaranto e il cardamomo gelatinato, senza dimenticare la spruzzatina finale di azoto liquido.
Come caspita faccio a giudicare un piatto del genere?
Come faccio a dire se è ben riuscito oppure no, dal momento che non ho termini di paragone, non avendo mai assaggiato niente di simile?
Cosa vuoi, farmi mangiare bene o giocare al piccolo chimico?
Preparami un uovo al tegamino, un piatto di trofie col pesto o delle patate al forno, e allora ti saprò dire se sei un bravo cuoco oppure un incompetente.
Poi, se quello che mi hai preparato mi sarà piaciuto, allora assaggerò volentieri anche la tua Kokotxas al tè affumicato, perché avrò capito che ci sai fare.

Fuor di metafora, se vuoi che ti dica se sei un fotografo capace, fammi vedere – ingrandito al 100% –  il TIFF a 16 bit di una tua foto normale sviluppata normalmente; perché se mi mostri colori impossibili e prospettive oniriche, HDR esasperati o focus stacking da paura, ma sempre rigorosamente sullo schermo di un computer a 1920 pixel sul lato lungo, potrò dirti che sai usare bene Photoshop (o qualunque cosa tu adoperi), ma non che sai fotografare.

Non basta essere abili smanettoni per essere anche bravi fotografi: se gli ingredienti usati sono scadenti, la pietanza (anche se condita e impiattata secondo i più stravaganti dettami della cucina d’avanguardia) sarà comunque una schifezza.

Alla prossima.