Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere più divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

AGOSTO 2015

Itinerario di agosto: il "giro dei tre colli" intorno alle Alpi Graie meridionali

Si tratta di un tour prevalentemente automobilistico, con alcune soste e brevi tratti a piedi per ammirare da vicino punti notevoli o per affacciarsi su panorami mozzafiato.

In breve, si tratta di percorrere la Valle di Susa da Torino al valico del Moncenisio, la Val Cenis e la Val d'Arc (Haute Maurienne) fino al Col de l'Iseran, la Val d'Isère (Tarentaise) fino a Séez per poi risalire verso il Piccolo San Bernardo e ritornare in Italia, ridiscendere lungo il vallone di La Thuile e raggiungere l'autostrada che percorre l'intera Valle d'Aosta e riconduce a Torino.

In realtà, trattandosi di un giro, potete partire da un qualunque punto lungo il percorso ed anche percorrere l'itinerario alla rovescia (se ad esempio siete in vacanza in Valle d'Aosta e volete partire da lì): è solo per comodità che noi lo faremo partire da Torino, la principale città toccata dall'itinerario.

Volendo, è possibile compiere l'intero giro in giornata (nella mia famiglia è tradizione farlo il 24 giugno, giorno di san Giovanni patrono di Torino) ma bisogna alzarsi all'alba ed essere sportivi per farsi trecentocinquanta chilometri in macchina e alcune passeggiate a piedi per complessive tre ore e mezza o quattro di camminata (senza contare le soste e le deviazioni che vi verranno consigliate) in così poco tempo.
Perciò vi suggerisco di prendervela comoda e di fermarvi a dormire almeno una notte: se avete un camper o una tenda sarete più indipendenti (i campeggi non mancano); in caso contrario, poco male: gli alberghi lungo il tragitto sono numerosi e attrezzati.

Prima di descrivere nei particolari l'itinerario, sarà bene tracciare il solito panorama generale sulla regione, senza dimenticare la storia e le vicende dell'uomo (come spesso ripeto, per fotografare un territorio bisogna conoscerlo, quindi non spazientitevi e sorbitevi la lezione).

Le Alpi Graie meridionali si estendono fra il Colle del Moncenisio a sud e il Passo di Galisia a nord.
Geologicamente, si tratta di una zona di grande complessità, dove si alternano rocce che hanno subìto, nel corso delle ère, deformazioni e ricristalizzazioni: micascisti, calcari del Trias, quarziti e fasce di gessi, cui si aggiungono i caratteristici schistes lustrés, sovrappostisi alle rocce preesistenti durante il sollevamento della catena alpina.
Sul versante francese il clima è piuttosto rigido, con inverni lunghi ed estati fresche che hanno favorito il formarsi di poderosi ghiacciai.

Popolate fin dalla remota antichità, queste regioni hanno sempre rappresentato una zona di passaggio, un crocevia di genti e culture.
Qui la civiltà delle Alpi ebbe forse modo di esprimersi nella sua forma più ricca e completa: abbazie, chiese e villaggi testimoniano un benessere diffuso, una ricchezza culturale favorita dalla relativa indipendenza dovuta alla lontananza del potere centrale.

La Maurienne e la Tarentaise fecero presto parte del ducato di Savoia.
Fu proprio la Maurienne che ne costitì il nucleo originario, quando l'imperatore Corrado II la riconobbe come contea di Umberto I Biancamano (morto nel 1047 o 1048 e sepolto proprio a Saint Jean de Maurienne).

La regione fu ceduta alla Francia, insieme all'intera Savoia e a Nizza, da Camillo Cavour, che in tal modo ricompensò Napoleone III per l'aiuto francese durante la guerra di indipendenza e per la sua politica filosabauda (accordi di Plombières, 1858 e Trattato di Torino, 1860).

Queste valli furono testimoni di un evento drammatico e grandioso, che ebbe per protagonisti gli esuli valdesi che da Ginevra ritornavano ad occupare le valli del Piemonte meridionale.
Un evento epico conosciuto come "Glorieuse rentrée".
Siamo nel 1689.
I valdesi, cacciati dalle loro valli, massacrati a migliaia e ridotti a una esigua minoranza, si erano rifugiati a Ginevra fin dal 1687.
Il massacro perpetrato nei loro confronti dalle truppe di Carlo Emanuele aveva destato l'indignazione del mondo e la violenta reazione dei Paesi protestanti.
Le "Pasque piemontesi" (1655) avevano indotto il poeta John Milton a condannare con versi di fuoco i "bloody Piedmontese", i piemontesi sanguinari che avevano incendiato villaggi, torturato e massacrato migliaia di loro compatrioti.
Ma ora il panorama politico europeo è cambiato.
Guglielmo d'Orange prende il posto di Giacomo II sul trono d'Inghilterra.
Guglielmo, protestante, è ferocemente avverso all'assolutismo di Luigi XIV, nemico della libertà politica e morale rappresentata dalla Riforma e persecutore dei valdesi.
Accordatosi con i capi della comunità valdese in esilio, Guglielmo fa organizzare una guerriglia alle spalle del sistema difensivo francese, in modo da consentire agli esuli di rientrare nelle loro valli.
Nella notte fra il 16 e il 17 agosto, 950 uomini, guidati dal pastore Henri Arnaud, attraversano il lago di Ginevra e a marce forzate risalgono la Val d'Isère, valicano il Col de l'Iseran, percorrono la Val d'Arc e la Val Cenis fino al valico del Moncenisio, scendono in Val di Susa e attraverso il Colle del Sestrière raggiungono finalmente le alture della Val Pellice.
La patria.
Il tutto fra stenti e disagi, pesanti dislivelli, e sempre incalzati dalle truppe sabaude e francesi.
Per garantirsi una ragionevole sicurezza dalle imboscate, gli esuli catturano ostaggi e li fanno marciare alle estremità della colonna; per non morire di fame requisiscono il bestiame e taglieggiano le popolazioni di fondovalle.
A Salbertrand, in Val di Susa, avviene lo scontro vittorioso con i soldati del Re Sole.
Quando i valdesi giungono a Prali, il trenta per cento di loro non risponde all'appello.
Sarà Paolo Reinaudin, di Bobbio Pellice, a scrivere L'Histoire de la glorieuse rentrée, epopea di una gente devota ma agguerrita, che chiede soltanto di poter professare in pace la sua fede.

Oggi le valli savoiarde godono di una meritata fama a livello internazionale, come paradiso dell'alpinismo e dello sci.
La val d'Isère in particolare vanta un domaine skiable fra i più estesi del mondo, con impianti resi più moderni e capienti in occasione delle olimpiadi invernali di Albertville (1992).
Purtroppo gli sbancamenti, i tralicci e le stazioni degli impianti di risalita deturpano quello che è un paesaggio fra i più affascinanti delle Alpi.

Alle bellezze naturali (il Parc National de la Vanoise attira in estate 700.000 visitatori al giorno) si affiancano la ricchezza delle opere d'arte, una tradizione gastronomica apprezzata ben al di là della catena alpina, un'identità culturale forte quanto l'anelito all'indipendenza.

Il Parc National de la Vanoise è stato la prima area francese protetta con legge dello stato (1963).
Sono 53.000 ettari confinanti con il Parco Nazionale del Gran Paradiso (insieme, i due parchi costituiscono la più vasta area protetta delle Alpi) e popolati da una fauna ricca e interessante.
A parte camosci e stambecchi, che sconfinano tranquillamente tra Francia e Italia e viceversa (lo scopo primario del parco è proprio quello di proteggere questi ungulati vagabondi), sono state osservate numerose specie di uccelli: più di ottantacinque nella sola Haute Maurienne. Nel 1989, in coincidenza col bicentenario della Rivoluzione francese, sono state reintrodotte nel parco alcune coppie di Gipeti (Gypaetus barbatus), un grande avvoltoio che dall'inizio del XX secolo risultava estinto nelle Alpi occidentali (l'ultimo esemplare era stato ucciso nel 1913 in Val di Rhêmes (Valle d'Aosta).
I confini del parco corrono a un'altitudine mai inferiore ai 1800 metri, per cui la zona delle foreste è poco rappresentata: più frequenti gli alti pascoli dove si possono osservare fioriture di genziane, viole e anemoni, senza contare specie rare come la Linnea borealis o la Potentilla delphinensis.

Come si raggiunge il punto di partenza

Da tutte le autostrade che convergono su Torino è possibile raggiungere direttamente l'autostrada A32 del Fréjus senza entrare in città, grazie al sistema di tangenziali. Sia sulla tangenziale sud che sulla nord, le indicazioni sono chiare e abbondanti.

L'itinerario

Come abbiamo già detto, si imbocca dalle tangenziali di Torino l'autostrada del Fréjus.

Se avete programmato un itinerario di più giorni, la millenaria Sacra di San Michele, monumento simbolo della Regione Piemonte, che domina dall'alto la valle, merita una sosta e una visita.

Foto 1

A Susa si lascia l'autostrada e si seguono le indicazioni per il Moncenisio, risalendo verso nord la valle della Cenischia.
Moncenisio, con i suoi 37 abitanti residenti (a parte i turisti), è il terzo più piccolo comune d'Italia.

Foto 2

Giunta al valico (2084 m), la strada percorre una conca pianeggiante occupata da un vasto lago.
Nel 1921 il lago fu sbarrato e trasformato in un invaso di trenta milioni di metri cubi d'acqua, per alimentare la centrale idroelettrica di Venaus.
Il colle è importante non solo dal punto di vista geografico (segna il confine fra le Alpi Cozie e le Alpi Graie), ma anche dal punto di vista storico: si tratta infatti di un valico frequentato fin dall'antichità e già percorso da una strada carrareccia nel XVII secolo.
La strada attuale fu aperta da Napoleone che ristrutturò anche, adibendolo adusi militari, l'antico ospizio fondato da Ludovico il Pio nell'814 dopo Cristo.

La strada, ora larga e panoramica, scende con numerosi tornanti attraverso la foresta fino a Lanslebourg.
Verso est potete ammirare la grandiosa mole della Dent Parrachée (3684).

Se avete fretta non raggiungete Lanslebourg, ma voltate a destra per Lanslevillard e seguite le indicazioni per il Col de l'Iseran.
Valicato il Col de la Madeleine vi troverete in Val d'Arc e in pochi minuti raggiungerete Bessans, il centro più importante della valle, stazione sciistica che vanta – fra l'altro – uno splendido anello di fondo.

Dopo qualche minuto attraverserete un ponte e troverete una strada sulla destra che conduce a La Goulaz e al Refuge d'Avérole.
Il paesaggio merita la deviazione.
La stretta strada percorre il fondo del vallone di Avérole e conduce in breve a un ampio parcheggio dove sarete obbligati a lasciare l'auto.

Percorrete qualche centinaio di metri verso la lontana testata del vallone.
Di fronte a voi, sulla destra, l'incombente sagoma della Pointe de Charbonnel, con il suo spettacolare ghiacciaio.
È la vetta più alta della zona, con i suoi 3752 metri.
Più a sinistra, alla testata di valle, la Bessanèse (3592).

Ritornati sulla strada principale, raggiungerete Bonneval-sur-Arc, l'ultimo villaggio prima del Col de l'Iseran.
Il turismo non ha impedito a Bonneval di mantenere il suo aspetto originario, sapientemente messo in risalto da intelligenti ristrutturazioni: case in pietra e loggiati in legno, stradine strette, un giusto spazio riservato alle attività economiche tradizionali (tanto da arrestare spopolamento ed emigrazione), permettono di ammirare un angolo di alta Savoia molto simile a ciò che si poteva vedere quando la civiltà delle Alpi era fiorente e prospera.
Non a caso Bonneval è classificato come "uno dei più bei villaggi di Francia" (http://www.les-plus-beaux-villages-de-france.org/fr/bonneval-sur-arc-0).

Foto 3

Questo è il posto ideale per trascorrere la notte: se decidete di dormire in albergo, è raccomandabile prenotare presso il locale Syndicat d'initiative (http://www.france-voyage.com/villes-villages/bonneval-sur-arc-29394/syndicat-initiative-bonneval-arc-8218.htm).

Lasciata Bonneval, la strada svolta bruscamente a sinistra e inizia a salire con ripidi tornanti verso il Col de l'Iseran.
Vale tuttavia la pena di imboccare una stradina secondaria che si inoltra per pochi chilometri verso la testata di valle e raggiunge L'Ecot (parcheggio).
L'Ecot è un delizioso villaggio reso interessante da una cappella romanica e dalle rovine di un'antica latteria.

Foto 4

Fate attenzione perché la strada (senza sbocco) è stretta e i locali guidano come se fossero inseguiti dal demonio.
Un cartello vi avverte che la strada è frequentata a scopi agricoli e che viaggiate a vostro rischio.
Grazie, ci mancava un incoraggiamento.
Da L'Ecot potete ammirare in tutto il loro splendore le Levanne, che si ergono sul Glacier des sources de l'Arc e che costituiscono un importante nodo orografico tra le Valli di Lanzo, la Valle dell'Orco e la Val d'Arc.

Foto 5

Ritornati sulla strada principale, iniziate a salire verso il Col de l'Iseran.
Numerose piazzuole vi consentono di fermarvi per osservare il paesaggio e fotografare.
Ammirate, sull'opposto versante, i poderosi ghiacciai e le vette, fra cui spicca per eleganza la cima dell'Albaron (3637).

Foto 6

Al colle (2764) non c'è granché da vedere: una cappella moderna di gusto assai dubbio, un negozietto di souvenir, tralicci e impianti di risalita che deturpano le pendici del Signal de l'Iseran (3237), una punta visibile da lontano che ai valdesi in cammino dovette apparire come un riferimento amichevole e sicuro.

Siete in Val d'Isère.
Scendete dal colle senza correre, perché dopo poche curve troverete un parcheggio sterrato sulla sinistra (subito prima di una curva cieca, occhio!).
Fermatevi, attraversate la strada a piedi e percorrete qualche decina di metri verso destra: troverete un'utile e interessante table d'orientation che indica tutte le principali vette dei dintorni, senza dimenticare di fornire esaurienti notizie sula geologia della regione.
Lo spettacolo merita una sosta attenta.

Davanti a voi, lungo il confine con la Valle d'Aosta, i versanti meridionali della Val di Rhêmes, fatti di pareti strapiombanti e ghiacciai: la Galisia, la Calabre, la Tzantelèina e, più a sinistra, il profilo imponente della Grande Sassière con la sua roccia scura che sembra avvolta dall'ombra anche quando è illuminata dal sole.
A nord est, il Mont Pourri; alle vostre spalle, la Grande Motte ammantata di ghiacci (3653).

Foto 7

Poco più avanti, raggiungerete la località di Pont Saint-Charles (2040 m).
Lasciate la macchina nel solito parcheggio e iniziate a camminare lungo il sentiero che sale alla vostra destra verso il Refuge du Prariond (2324 m, un'ora e un quarto).
Il sentiero non è largo e, dopo poche curve, penetra nelle Gorges de Malpasset (il nome è tutto un programma!): una gola selvaggia scavata dal ghiacciaio quaternario negli strati obliqui di calcari e schistes lustrés.
Il torrente spumeggia laggiù in basso formando vortici e marmitte dei giganti.
Attenzione, perché il sentiero qui è esposto, sovente umido e innevato all'inizio dell'estate.
Non c'è vero pericolo, ma occorre badare a dove si mettono i piedi (bambini legati!).
Superate le gole, il sentiero sbuca nel vasto pianoro del Prariond, che risale in dolce pendenza fino al rifugio.
Qui è facile avvistare marmotte molto confidenti.
Dal pianoro vista spettacolare, da sud a nord, sulla Grande Aiguille Rousse (3482) con il Glacier des sources de l'Isère, sulla Cima d'Oin (3276), sulla Cima della Vacca (3185) sul Grand Cocor (3034) e sulla Galisia (3343).
Tra la Cima della Vacca e il Grand Cocor si apre il Passo della Losa (2957), che mette in comunicazione la Val d'Isère con la Valle dell'Orco: il valico era frequentato in passato da contrabbandieri e partigiani.
Un'iniziativa congiunta del Parco Nazionale Gran Paradiso e del Parc National de la Vanoise (che confinano proprio lungo questa dorsale) ha rimesso in uso il vecchio sentiero che valica il colle.

Ritornati all'auto, proseguite per il comune di Val d'Isère.
Una chiesetta con campanile romanico e una pala d'altare barocca è più o meno tutto ciò che rimane del villaggio originario, soffocato sotto una marea di cemento, acciaio e vetro che costituisce, nel suo insieme, il trionfo del cattivo gusto e dell'indifferenza per i valori dell'ambiente e del paesaggio.
Centro sciistico (e ti pareva!) ed alpinistico, Val d'Isère ospita, in agosto, il salone internazionale del 4x4 e del fuoristrada.
Un posto da dimenticare.

Da qui in avanti la strada non presenta punti notevoli di interesse, se si eccettua il Lac du Chevril, un grande lago artificiale nei pressi dell'abitato di Tignes Interessante la vegetazione che circonda il lago in alcuni punti e che permette di giocare con i primi piani.

Foto 8

Da Tignes, e più precisamente dalla località Val Claret, parte una cremagliera sotterranea (il Peirce-neige) che in soli sei minuti vi "spara" dai 2100 metri di quota ai 3032 del ghiacciaio della Grande Motte.
Di qui, se le vostre orecchie e il vostro fiato ancora funzionano, potete salire sulla funivia che vi porta alla partenza delle piste da sci, a 3456 metri.
Il panorama, spettacolare, si spinge fino al gruppo del Monte Bianco, anche se fa piangere il cuore vedere una montagna bella ed elegante come la Grande Motte deturpata da tanta tecnologia.
Ancora una volta la monocultura dello sci di massa e l'economia che vi gira intorno hanno avuto la meglio sull'ambiente.

Foto 9

Scendendo verso il fondovalle si entra nella zona dei boschi a latifoglie.
Nei pressi di Séez troverete un bivio sulla destra: "Col du Petit St.-Bernard – La Rosière".
La strada inizia a salire con larghi tornanti e il panorama si apre nuovamente.

Sull'opposto versante potete ammirare il Mont Pourri (3779) e il Dôme de la Sache (3601), con i due Glaciers de la Gurraz (nord e sud), facendo finta di non vedere gli obbrobri costituiti dalle stazioni d'arrivo degli impianti di risalita.

La Rosière è il solito piccolo centro turistico tipicamente francese, tipicamente moderno, tipicamente di cattivo gusto.
Da qui si raggiunge il colle (2189 m) in pochi minuti.

Il Piccolo San Bernardo è una lunga spianata adagiata fra il monte Belvedere a sud e il Lancebranlette a nord.
Oltre alle rovine dell'antico ospizio e a una statua di san Bernardo, c'è da vedere il giardino alpino Chanousia, che ospita numerose specie vegetali provenienti dalle montagne di tutto il mondo.

Tra la frontiera italiana e quella francese, su un prato alla vostra sinistra, vedrete un cerchio di sassi messo lì in modo apparentemente casuale.
Si tratta in realtà di un cromlech, un cerchio di pietre megalitico forse connesso con esigenze di osservazione astronomica.
Una leggenda dice che fu Annibale a costruire il cromlech per tenervi consiglio di guerra. D'accordo, non è Stonehenge, ma merita un'occhiata.
Lì accanto sorge una colonna di calcare cipollino alta circa quattro metri, che si dice fosse un tempo sormontata da una statua del dio Penn (Poeninus per i romani), il dio celtico delle montagne (cfr. "Alpi Pennine", o il vocabolo dialettale "penna" per indicare una vetta).
Secondo altri la colonna proviene dal pronao di un tempio dedicato a Giove.
Per molti secoli il colle, noto ai romani come Alpis Graia, fu denominato Columna Jovis, e con tale nome si ritrova su certe antiche carte.

Poco sotto il valico, già in Italia, si trova il lago Verney, dove si svolgono talvolta gare di pesca.
Il lago è situato alla testata di un pianoro chiamato Pian dell'Abbondanza.

Di qui la strada scende in poche decine di minuti a La Thuile, piccolo ma elegante centro di sport estivi e invernali.
A La Thuile si svolge ogni anno la manifestazione "Chocolathuile", con mercatino gastronomico, laboratori di degustazione e stand dei migliori artigiani del settore.

Foto 10

Ovviamente non manca il ristorante a tema, con un menu interamente a base di cioccolato.
Nel 2015 la manifestazione avrà luogo dal 28 al 30 agosto.
Maggiori informazioni qui: ChocoLaThuile 2015 - Mercatino enogastronomico del cioccolato, o telefonando al locale Consorzio Operatori Turistici (0165.883049).

Superate La Thuile e Pré-Saint-Didier (se avete tempo fermatevi per una sosta ristoratrice presso le locali terme, note già in epoca romana), seguite le indicazioni per l'autostrada A5 verso Torino, dove il giro si concluderà.

Periodo consigliato

Da giugno a ottobre.
Ci sono due cose a cui prestare attenzione: prima di tutto, accertatevi presso l'ANAS che i colli siano aperti e transitabili.
E non ritenetela una precauzione superflua, "tanto siamo in estate": spesso l'Iseran viene chiuso per neve anche a fine giugno.
In secondo luogo, chiedete informazioni sulle condizioni di innevamento prima di affrontare il sentiero che porta al Réfuge du Prariond: pur trattandosi di un sentiero non pericoloso in sé stesso, il tratto che supera le gorges può diventare estremamente insidioso quando è innevato.

All'inizio dell'estate i ghiacciai sono più bianchi e immacolati, mentre la neve sulle pareti rocciose crea splendidi contrasti; in autunno i colori sono più caldi e pastosi, le pendici si ricoprono del giallo dei larici e del rosso dei mirtilli, mentre nel cielo azzurro si stagliano le cime e i ghiacciai, dall'aspetto più tormentato e selvaggio.

Attrezzatura utile

Normale attrezzatura da trekking leggero, ma soprattutto buone scarpe.
Non commettete l'errore di affrontare il sentiero del Prariond con le scarpe da ginnastica!
Inoltre l'itinerario (tanto a piedi quanto in auto) si svolge per gran parte in alta quota, al di sopra della fascia di vegetazione arborea, per cui si rende necessaria un'adeguata protezione solare.

Per fotografare

Trattandosi di un percorso prevalentemente automobilistico, potete esagerare senza sensi di colpa, quindi portate tutta l'attrezzatura che avete, perché di occasioni fotografiche ne troverete fino a stancarvi.

Dormire

Prima di partire, potrete trovare tutte le informazioni sul sito ufficiale della Haute Maurienne e Vanoise.

Lo shopping

L'artigianato savoiardo non è diverso da quello che ritrova in genere lungo tutto l'arco alpino occidentale.
Molto interessanti invece le proposte alimentari, soprattutto per quanto riguarda il settore caseario.
I consorzi del formaggio che troverete lungo il percorso meritano un'attenta visita.
Anche gli amatori dei salumi e degli insaccati in genere avranno di che sbizzarrirsi.
Per quanto riguarda i vini, occorre operare un severo distinguo:in Francia, i vini che costano poco non si comprano, punto e basta.
E questo vale anche (soprattutto) se vi vengono presentati come vini tipici.
Fidatevi soltanto dei vini A.O.C. (appellation d'origine contrôlée), accettando di pagarli per quello che valgono.

Rifocillarsi

Che dire?
Il giro è talmente lungo e vario, i luoghi attraversati così numerosi, che fornire una lista di ristoranti e trattorie, anche sommaria, è praticamente impossibile.
Anche perché il mio consiglio è quello di non perdere troppo tempo al tavolo di un ristorante: giri come questo meritano che ci si dedichi senza distrazioni, uno spuntino veloce e via.
Lungo il percorso, troverete ovunque chi vi potrà rifornire di formaggi tipici, pane di segale integrale, prosciutti e salumi fatti alla vecchia maniera.
D'accordo, così non gusterete le specialità tipiche savoiarde preparate da uno chef stellato, ma dopo tutto state viaggiando per fotografare, non per mangiare.
Comunque, per consolarvi, ecco un paio di ricette.

Il matafan, o mate-faim (ammazzafame) costituisce un piatto unico semplice ma saporito.
Per sei persone, stemperate 200 grammi di farina con due uova sbattute e mezzo bicchiere di latte, salate e pepate.
A parte, pelate 250 grammi di patate, lavatele e asciugatele con cura, grattugiatele e unitele al composto, fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Fate sciogliere in una padella 80 grammi di burro: quando questo sarà ben caldo, versatevi l'impasto, fatelo dorare da un lato e poi voltatelo, continuando la cottura per una decina di minuti.
Servite caldo con contorno di insalata.
A seconda delle tradizioni locali e familiari, l'impasto può essere arricchito con lardo a pezzetti, uvetta o fichi.

Per le croûtes au fromage imburrate una teglia e fatevi dorare su un solo lato due fette di pane casereccio per persona.
Spruzzatele con del vino bianco senza inzupparle e ricopritele con fettine di formaggio emmenthal savoyard.
Rompete un uovo su ciascuna fetta e infornate.
Quando le uova appariranno ben cotte, insaporite con sale, pepe e noce moscata, ricoprendo poi il tutto con ulteriori fettine di formaggio.
Rimettete in forno fino alla doratura del formaggio e servite caldo.

Buon appetito, ma soprattutto buon giro.

E alla prossima!