Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere piů divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

LUGLIO 2014

Marketing territoriale e fotografia del territorio

Perché l’Unesco ha dichiarato le Dolomiti “patrimonio dell’umanità”?
Perché non il Monte Bianco (la vetta più alta d’Europa), o il gruppo del Monte Rosa con i suoi Quattromila (senza contare il Cervino!), o il Gran Paradiso, cuore del primo parco nazionale italiano?
Semplicemente perché – al di là degli indiscutibili motivi geologici e paesaggistici – intorno alle Dolomiti si è da sempre organizzata un’eccellente operazione di marketing territoriale, capace di valorizzare non soltanto le bellezze naturali o la spettacolarità dei panorami, ma anche il rapporto dell’uomo con il suo territorio, e cioè la civiltà, la cultura, i costumi, i servizi turistici, la cucina e i vini.
Marketing territoriale è la capacità di definire – sul lungo periodo – progetti, programmi e strategie di sviluppo di un territorio; è saper dare valore alle specificità e alle tradizioni di ogni singola comunità, che possono diventare un potente volano per una crescita sostenibile, nel rispetto e per la valorizzazione delle culture e dei particolarismi locali.
Che cosa c’entra la fotografia con tutto questo?
C’entra tantissimo, ovviamente, perché l’immagine (nella sua accezione più generale, e l’immagine fotografica in particolare) è oggi la più potente, immediata ed efficace forma di COMUNICAZIONE!
L’immagine  possiede una forte carica comunicativa, non solo per la capacità di sintetizzare in un unico sguardo concetti complessi, ma anche perché è un tipo di comunicazione al quale non ci possiamo sottrarre: noi siamo liberi di non leggere un messaggio scritto, di spegnere radio e TV, di non consultare il sito internet che  ci viene suggerito, ma non possiamo non vedere un’immagine.
E nel momento in cui la vediamo, il messaggio è già passato!
L’importanza che l’immagine riveste nella nostra cultura non necessita di lunghe descrizioni.
La pubblicità, fino a pochi anni or sono incentrata sulla forza comunicativa del codice verbale, si fonda oggi in modo spesso esclusivo sul codice iconico.
Raccontare il territorio con la fotografia significa allora essere consapevoli della forza comunicativa delle immagini, che non vanno considerate come una semplice descrizione/riproduzione del luogo e dei suoi aspetti estetico-paesaggistici, ma come elementi capaci di evocare atmosfere e sensazioni, inducendo lo spettatore ad approfondirne la conoscenza.
Questo richiede, da parte del fotografo-comunicatore, capacità non soltanto tecniche e una conoscenza del territorio non improvvisata.
“Be local!”, siate locali, raccomandano le più accreditate agenzie fotogiornalistiche americane!
Solo chi conosce bene il territorio (non solo perché “ci” vive, ma anche e soprattutto perché “lo” vive) è in grado di raccontarlo al meglio.
Non illudetevi di poter piazzare sul mercato le fotografie fatte durante una vacanza in Egitto, perché là voi scatterete le foto che fanno più o meno tutti.
Ma di sicuro riuscirete a vendere le fotografie scattate nel vostro villaggio natale, perché solo voi lo conoscete così a fondo da saperne interpretare ogni aspetto, cogliere ogni taglio di luce, individuare i particolari capaci di evidenziarne l’originalità.
Inoltre la fotografia deve saper attualizzare e storicizzare il territorio attraverso l’interpretazione creativa del fotografo, attento non soltanto agli aspetti celebrativi e “turistici”, ma anche alle dinamiche sociali che nel territorio si esprimono e si evolvono.
In altre parole, non basta essere testimoni dei luoghi, bisogna anche essere testimoni del (proprio) tempo!
Noi viviamo nel nostro secolo e in un ben preciso contesto sociale, economico e tecnologico: evitiamo di descrivere un mondo che magari ci piacerebbe ma che di fatto non esiste!
Ad esempio, smettiamo di eliminare dall’inquadratura (spesso con discutibili interventi in Photoshop) tutto ciò che ricorda l’esistenza dell’uomo e il suo lavoro, alla ricerca di una wilderness che di fatto, alle nostre latitudini, costituisce più una velleità (tanto romantica quanto anacronistica) che un dato reale.
Tralicci, antenne e costruzioni non sono abomini inguardabili, ma elementi di quel paesaggio umano che alle nostre latitudini caratterizza tutti gli ambienti, compresa l’alta montagna o la tundra artica! Invece di eliminarli, accettiamoli come parte integrante del territorio e trasformiamoli in elementi portanti della composizione!
Tutto questo richiede al fotografo un profondo coinvolgimento personale.
Per raccontare un territorio, infatti, occorre viverlo, parteciparvi, assaporarne
i profumi e le atmosfere…
Insomma, entrare in comunione con quel genius loci di cui parlavano i latini.
Un genius loci che è fatto innanzitutto di cultura e di vita.
Ecco che allora comunicare un luogo attraverso le immagini significa prima di tutto saperne cogliere e interpretare gli aspetti culturali e sociali, comprendendo in questo usanze, costumi, gastronomia, modi di abitare e di condividere gli spazi, di preparare e consumare il cibo, prodotti locali e lavorazioni tradizionali.
Conoscere davvero un territorio vuol dire perciò saper approfondire quegli aspetti che a noi uomini tecnologici appaiono forse marginali, o tutt’al più relegati nell’ambito del folclore, ma che rappresentano elementi fondanti del vivere civile e aspetti primari dell’appartenenza ad una comunità per chi vive in modo autentico e non virtuale.
Così lo studio strettamente morfologico del territorio cede il passo a una visione interpretativa di aspetti e valori che l’occhio sensibile ed esperto (non solo tecnicamente) del fotografo sa esprimere ed evocare.
La tradizionale rappresentazione dei luoghi viene così riempita di contenuti, la cartolina cede il posto alla Fotografia e il reportage diventa la testimonianza dell’evoluzione non solo di un territorio, ma anche e soprattutto della sua cultura.
Alla prossima.

Gallery

I mercatini tipici rappresentano un’ottima occasione fotografica. Fin dal Medioevo il mercato rappresenta, in Europa, la più diffusa occasione per scambiare merci, ma anche cultura e conoscenze, in una continua osmosi tra territori diversi, tra città e campagna, tra borghesi e contadini. Oggi i mercati sono il luogo dove la civiltà globalizzata può ritrovare (almeno per qualche ora) una dimensione locale. Non è un mercato orientale (come si capisce chiaramente dalla lingua usata per descrivere la merce) ma il banco di un venditore di spezie nostrano. Non è necessario visitare paesi lontani per trovare colori e profumi esotici: anche nei nostri mercati è possibile sperimentare quella curiosità per i sapori nuovi e i prodotti sconosciuti che da sempre anima la nostra civiltà. Un particolare apparentemente insignificante, come un gruppo di biciclette assicurate a un mancorrente o parcheggiate presso il bordo di un marciapiede, è in grado di raccontare come un territorio viene fruito dai suoi abitanti. L’importante è – prima che saper fotografare – saper vedere.
Un particolare apparentemente insignificante, come un gruppo di biciclette assicurate a un mancorrente o parcheggiate presso il bordo di un marciapiede, è in grado di raccontare come un territorio viene fruito dai suoi abitanti. L’importante è – prima che saper fotografare – saper vedere. Capanno da pesca lungo un canale in Romagna. La fotografia è uno degli strumenti più efficaci per raccontare non solo l’aspetto esteriore, ma anche e soprattutto le dinamiche economiche e sociali di un territorio. Una vecchia credenza usata come espositore di formaggi tipici, durante una fiera a Cuneo. Può sembrare curioso, ma le agenzie internazionali mostrano di apprezzare in modo particolare immagini come questa, che illustrano i prodotti e la cultura gastronomica delle regioni italiane, soprattutto ora che – persino nella tecnologica America, culla del fast food (ma anche del cibo-spazzatura) – la genuinità e la “territorialità” rappresentano valori importanti nella valutazione di un prodotto alimentare. Mercato serale a Venezia. Anche nei luoghi più fotografati al mondo è possibile raccontare storie non banali, cogliendo la vita quotidiana e le abitudini di chi vive tra quei canali e quei palazzi che il turista frettoloso immortala con la sua reflex, senza considerare che in quell’ambiente si svolgono e si consumano ogni giorno le storie personali di chi ci abita. Un'altra fotografia scattata a Venezia, a ridosso del Ghetto e di prima mattina, quando i turisti ancora dormono ma le banchine dei canali sono già animate dai venditori di pesce e dagli acquirenti locali. Perché eliminare a tutti i costi cavi elettrici, tralicci e pali telefonici? Qui siamo 300 chilometri a nord del Circolo polare artico, ma c’è gente che ci vive e che – grazie al cielo! – ha in casa l’acqua corrente e l’energia elettrica. Queste cose fanno parte della nostra cultura e del nostro modo di vivere, perciò anche del nostro paesaggio! Invece di eliminarli, proviamo a farne elementi portanti della composizione: qui i cavi ricoperti di ghiaccio creano la prospettiva e danno profondità all’immagine.