Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

SETTEMBRE 2017

Elogio della curiosità

“Non essere curioso” ci ripetevano genitori e nonni quando eravamo bambini.
Sbagliando, perché la curiosità è il motore che spinge in avanti il progresso culturale e scientifico dell’umanità.

La società in cui viviamo è dominata dall’individualismo e dall’ambizione.
Un’ambizione stupida, che spesso si traduce in arroganza, in desiderio di primeggiare senza averne le capacità, in prevaricazione.
Per raggiungere la notorietà e il successo si escogitano scorciatoie e trucchi di bassa lega al fine di nascondere la propria incompetenza e la propria ignoranza.

La curiosità, invece, è ambizione intelligente, è la capacità di riconoscere che si ha qualcosa da imparare, unita alla volontà di lavorare (spesso duramente) per ottenere la conoscenza.
È un’ambizione umile, perché implica la consapevolezza che qualcuno ne sa più di noi e che – di conseguenza – è necessario fare silenzio e mettersi in ascolto.

Uno dei problemi della nostra epoca è la trasmissione delle culture: i vecchi hanno troppo poco tempo per trasmettere ai giovani quello che sanno (e talvolta non se ne vogliono assumere la responsabilità), mentre i giovani hanno troppa fretta (e poca umiltà) per fermarsi ad ascoltare.
Questo implica la perdita di conoscenze preziose e irrecuperabili: uno spreco culturale imperdonabile.
Come Crono divorava i suoi figli, precludendosi di fatto il futuro, così noi consumiamo voracemente tempo, saperi e valori, trasformandoli in moda e condannandoli – in vertiginosa sequenza – alla discarica dell’oblio.

La curiosità, al contrario, rivolge la propria attenzione indifferentemente al passato e all’oggi, studia senza stancarsi la storia e le storie, utilizzando quanto ha imparato per costruire nuovi edifici di conoscenza.
Per costruire il futuro.

Anche in fotografia – come in ogni altra disciplina e branca del sapere – la curiosità e il pensiero differente sono il motore dello sviluppo.

A chi mi chiede come migliorare il proprio stile, rispondo di non fossilizzarsi sulle conoscenze acquisite, di non pensare di avere raggiunto il vertice del successo soltanto perché i clienti apprezzano il suo lavoro, ma di trovare il tempo per leggere, per frequentare le mostre, per confrontarsi con altri.

Certo, il confronto rappresenta una scelta difficile, soprattutto per il professionista.
Confrontarsi significa accettare di mettersi in discussione, di sottoporre il proprio lavoro al giudizio di altri fotografi (ovviamente più esperti dei clienti che – spesso – si accontentano perché disabituati alla qualità).
Ma il confronto è uno strumento potentissimo di crescita e di progresso stilistico, se solo si possiedono la curiosità e la conseguente umiltà necessarie.

Così come lo sono la lettura e l’analisi delle fotografie pubblicate sulle riviste più prestigiose e attente alla qualità di immagine.
Non si può capire dove stia andando il mercato della fotografia se non si legge Vogue, Maison et Jardin, Architectural Digest, National Geographic, Traveller, British Journal of Photography, Le Visiteur, per non citare che pochi esempi.

Ma ancora più importante è ampliare i propri orizzonti occupandosi di argomenti che magari non hanno nulla a che vedere con il lavoro quotidiano, ma che sono in grado di aggiungervi valore e significato.
Il teatro, la letteratura, la musica, ma anche il sapere scientifico – così negletto e disprezzato nel nostro paese – sono in grado non solo di trasformare il professionista settoriale in uomo di cultura, ma anche di regalargli quella fantasia, quell’ispirazione e quel respiro capaci di trasformare un semplice fotografo in comunicatore.

Dedicare tempo alla conoscenza, con curiosità e senza mai stancarsene, significa acquisire gli strumenti per evolversi.
E solo chi si evolve sopravvive.

Alla prossima.