Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere più divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo

MARZO 2016

Nascita di una fotografia: battello sul fiume Kemijoki

Per un bambino di otto anni, Babbo Natale è una verità di fede.
Per questo, la mattina del 27 novembre di qualche anno fa, alle sei precise, Claudia ed io svegliammo Federico nel pieno del sonno: “Cucciolo, alzati: andiamo al Polo Nord a trovare Babbo Natale”.
Non so che cosa abbia pensato mio figlio, non glielo abbiamo mai chiesto, ricordo solo che rimase in silenzio per tutto il viaggio verso l’aeroporto di Malpensa.
Il suo primo volo in aereo, la lunga traversata verso nord-est e nel tardo pomeriggio l’arrivo a Rovaniemi, la città di Babbo Natale, nel cuore della Lapponia finlandese.
Alle sette di sera, ora locale, prendemmo finalmente possesso della nostra camera in hotel.
La mattina dopo saremmo andati a visitare il celebre Santa Claus Village, pochi chilometri più a nord della città.
Ovviamente era buio pesto perché lassù, in quella stagione, il giorno (se così si può chiamare) dura giusto da mezzogiorno alle due.
Ancora non immaginavo quanto buio avremmo trovato da lì a qualche giorno, spostandoci trecento chilometri a nord del Circolo polare.
Ma questa è un’altra storia.
Sistemati i bagagli e lasciata la famiglia a riposare in camera, decisi di approfittare dell’ora scarsa che ci separava dalla cena per uscire all’esterno e scattare qualche fotografia.
All’epoca usavo una Canon Eos-1Ds Mark II che avevo equipaggiato – per ragioni di leggerezza – con lo zoom 24-105.
Per analoghe ragioni non avevo portato il cavalletto, per cui sapevo che avrei dovuto approfittare di tutti gli appoggi e i sostegni che madre natura o il lavoro dell’uomo mi avessero messo a disposizione: un problema che si sarebbe rivelato costante durante l’intero soggiorno finlandese.
Uscito dall’hotel, mi ritrovai in una città congelata: piccoli e rari fiocchi di neve ghiacciata turbinavano nel vento e la temperatura sfiorava i 20 gradi (ovviamente sotto zero).
Le strade e i marciapiedi, ma anche le panchine e i lampioni, erano rivestiti da una sottile e insidiosa pellicola di gelo, mentre un alone diafano circondava ogni singola fonte di luce.
Una città congelata, ma sicuramente non disabitata!
Come incuranti di quel clima decisamente difficile, ragazzi in jeans e ragazze in minigonna popolavano le strade e i locali (Rovaniemi è città universitaria), percorrendo a piedi e in bicicletta marciapiedi e piste ciclabili ricoperte dal ghiaccio.
Una disinvoltura davvero invidiabile e sorprendente anche per un amante del freddo come il sottoscritto.
Nel mio vagare senza meta alla scoperta della città, raggiunsi le sponde del fiume Kemijoki, uno dei due fiumi (l’altro è l’Ounasioki) che attraversano la città.
Sul fiume reso immobile da una pesante coltre di ghiaccio gravava una fitta nebbia, appena rischiarata dalle luci del ponte Jätkänkynttiläsilta (Candela del taglialegna), inaugurato nel 1989 e divenuto il simbolo della città.
In primo piano, un battello ormeggiato.
Il silenzio era quasi irreale, il lungofiume era deserto (solo uno fuori di testa avrebbe potuto pensare di passeggiare lì a quell’ora e con quel tempo), così pensai che la scena meritasse una fotografia.
Mi tolsi i guanti, accorgendomi subito di quanto fosse sgradevole il contatto della pelle con la carrozzeria ghiacciata della fotocamera, e cercai un punto di appoggio.
Lo trovai in una panchina sul lungofiume, anch’essa rivestita da uno strato di ghiaccio.
Vi appoggiai la reflex (non senza interporre tra questa e il ghiaccio uno dei miei guanti), impostai l’obiettivo sull’iperfocale (data l’oscurità, non mi fidavo della messa a fuoco automatica), regolai il diaframma e il tempo basandomi sull’istinto e sull’esperienza, per evitare che le forti differenze di illuminazione ingannassero l’esposimetro, e premetti sul pulsante di scatto.
Nonostante il freddo e le raccomandazioni pessimistiche della casa produttrice, tutto funzionò alla perfezione, regalandomi un’immagine abbastanza equilibrata da richiedere interventi tutto sommato minimi in postproduzione.
È questa la fotografia che per me meglio rappresenta l’atmosfera congelata, sonnacchiosa e incantata di quella sera vicino al Circolo polare.

Alla prossima

Gallery