Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere piů divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

MARZO 2015

Nuove macchine, vecchie polemiche

Venerdì 6 febbraio 2015 Canon ha annunciato l'uscita di due nuove fotocamere: la Eos 5DS, una reflex con sensore da 50,6 milioni di pixel, e la sua variante (molto più interessante a mio parere) Eos 5DSR, priva di filtro passabasso.
Le macchine saranno disponibili sul mercato italiano presumibilmente nel mese di giugno 2015, giusto in tempo per le vacanze estive.
La prima fotografia pubblicata in calce a questo articolo mostra un'immagine ufficiale della fotocamera diffusa in rete dalla casa produttrice.

Ovviamente, per motivi strettamente fisici e costruttivi, una risoluzione così elevata si paga in termini di sensibilità, per cui la nuova reflex spinge il suo valore ISO a non più di 6400 (che mi sembra, comunque, un bel limite!).

Altrettanto ovviamente le discussioni che si alternano e si aizzano sui forum mettono in luce il peggio dell'ignoranza fotografica che impera tra il popolo della rete, per cui, a quelli che si chiedono "a cosa servono 50 milioni di pixel, bastano venti ben fatti" (ma perché, ci sono pixel mal fatti?) si oppongono quelli che protestano contro la bassa (!!!) capacità di estensione del valore ISO, come se la necessità di lavorare a 125.000 ISO fosse roba di tutti e di tutti i giorni, e non un'esigenza specifica e occasionale di categorie ben precise di fotografi.

Inutile far loro presente che i dorsi digitali professionali di medio formato hanno un valore ISO che non si spinge – il più delle volte – oltre i 400.
Inutile ricordare che molte agenzie internazionali non accettano fotografie scattate con valori ISO superiori a 400 (eccezion fatta per una ben definita categoria di fotografie sportive e di reportage). Non capirebbero.

Per chi invece ha voglia di capire, incominciamo a chiarire la questione parlando dei milioni di pixel.
Per quanto ho capito finora (non sono un fisico, ho una formazione umanistica e quello che so di elettronica l'ho imparato studiando), la qualità dell'immagine, la gamma dinamica e la riduzione del rumore non dipendono tanto dalla quantità di pixel (o meglio di fotodiodi) presenti sul sensore, quanto principalmente dalle dimensioni del sensore stesso: venti milioni di pixel sul minuscolo sensore di una compatta o di uno smartphone generano immagini più scadenti di quelle prodotte da una reflex con solo sedici milioni di pixel.
Le dimensioni del sensore interagiscono in modo complesso con le dimensioni dei singoli fotodiodi (sinonimo: fotositi) e con la loro disposizione all'interno del sensore: per semplificare in modo banale, possiamo dire che fotositi più grandi e più distanziati fra loro sono meno soggetti a fenomeni di interferenza reciproca (il cosiddetto crosstalk).
A questo punto va da sé che – quanto più il sensore è grande – tanto più grandi e numerosi potranno essere i pixel, senza con questo sacrificare (almeno fino a un certo limite) la qualità dell'immagine. Per approfondire l'argomento oltre i limiti imposti da questo articolo, si può consultare questa pagina.

Ma a cosa serve avere tanti pixel?
Prima di tutto (è la risposta più intuitiva ed immediata) a consentire una stampa più grande.
Cinquanta milioni di pixel consentono una stampa di quasi 50x70 centimetri a 300 dpi. Con venti milioni, anche se "ben fatti", si supera di poco il 30x40.
Poi a catturare dettagli più fini, grazie alla elevata densità del sensore.
Infine a consentire una maggiore flessibilità in postproduzione, grazie alla grande quantità di informazioni presenti e alla (generalmente) migliore gamma dinamica.

C'è poi un altro vantaggio molto pratico, se vogliamo un po' becero ma comodo: la possibilità di effettuare tagli (in termine tecnico, crop) a seconda delle esigenze del fotografo, senza con questo ridurre l'immagine a un francobollo.
Confesso che quando uso dorsi digitali di medio formato (i cui sensori non soltanto sono generosamente infarciti di pixel, ma hanno anche dimensioni doppie rispetto al full-frame), ricorro spesso a questo espediente.
Il dorso che uso attualmente mi consente una stampa di circa 46x61 centimetri a 300 dpi.
Riducendo la fotografia a un quarto delle dimensioni originali, ottengo un'immagine più selezionata, con un soggetto più vicino, come se avessi usato un obiettivo di lunghezza focale doppia, pur continuando a coprire ampiamente le dimensioni di una stampa a tutta pagina su una rivista.
Quando fotografo insetti posso evitare di spingere al massimo il rapporto di ingrandimento, con il vantaggio di rimanere più distante dal soggetto: in questo modo l'animale non si spaventa e non fugge ed io posso fotografarlo senza fretta mentre si dedica indisturbato alle sue attività. Poi mi basterà effettuare un modesto crop della zona centrale per spingere l'immagine a un rapporto di riproduzione anche superiore a 1:1, eccedendo così gli stessi limiti imposti dall'obiettivo macro.
E poiché lavoro quasi sempre tra i 50 e i 100 ISO (ovviamente con uno o più lampeggiatori), la nitidezza non è mai in discussione.
La seconda delle fotografie pubblicate in calce raffigura un Bombus che si nutre su un fiore. E' stata scattata utilizzando un obiettivo macro Phase One da 120mm montato su una Phase One 645DF con dorso P45+ da 39 milioni di pixel. Il rapporto di riproduzione non è elevato, il che mi ha consentito di restare a una certa distanza dal soggetto per evitare di farlo fuggire. In fase di trattamento, ho poi effettuato un deciso crop, tale da eliminare l'inutile sfondo e dare maggior rilievo al soggetto (fotografia numero 3). Le dimensioni dell'immagine sono ancora più che adeguate a garantire una stampa di qualità: 3900x3444 pixel, pari a poco più di 33x29 centimetri a 300 dpi.

Veniamo adesso alla questione degli ISO. Conosco diversi fotografi che lavorano normalmente (anche in piena luce) con valori ISO molto elevati, "così si può evitare il flash e diminuire il micromosso grazie ai tempi di scatto più rapidi".
Forse non lo farebbero se sapessero che cosa vuol dire davvero aumentare il valore ISO del sensore.
Ma iniziamo con ordine.
Il rumore è un segnale elettrico casuale (e inutile) che si somma al segnale "pulito" (e utile) prodotto in uscita da un qualunque apparato elettronico.
Il rumore si genera nello stesso punto in cui si genera il segnale e per questo è ineliminabile.
In fotografia, esso appare come una variazione casuale del colore dei pixel, un'immagine sbiadita che si sovrappone all'immagine originale determinando un calo di qualità.
Il fenomeno è analogo a quello che si verifica quando registriamo della musica.
Tenendo alto il volume di registrazione avremo molte informazioni e una buona qualità dell'audio, però c'è il rischio di generare picchi di distorsione in corrispondenza dei "fortissimo" orchestrali. Mantenendo il volume di registrazione a livelli moderati si evita la distorsione, ma dovremo poi alzare il volume in fase di ascolto.
A quel punto sarà inevitabile percepire anche un fruscìo di fondo: il rumore elettronico (o "disturbo") generato dall'apparato di registrazione.
In fotografia accade la stessa cosa: quando la luce in entrata non è sufficiente, noi possiamo incrementare la luminosità dell'immagine solo obbligando il sensore ad amplificare il segnale in uscita.
Così facendo, ovviamente, amplifichiamo anche il rumore, che è inseparabile dal segnale.
Perciò, compatibilmente con le condizioni di luce e le esigenze di ripresa, la sensibilità andrebbe sempre impostata al suo valore più basso, che è quello "nativo" del sensore.
Se la luce è poca, piuttosto che alzare il valore ISO impariamo ad usare il flash (quando possibile), oppure il cavalletto o un qualunque appoggio stabile.
Eccezione: chi fotografa una gara sportiva indoor, con poca luce disponibile e il divieto (o l'impossibilità) di usare il flash, ma con l'esigenza di usare tempi di scatto rapidissimi per "congelare" il movimento degli atleti, non potrà far altro che alzare il più possibile il valore ISO del sensore, accettando come un inevitabile effetto collaterale l'aumento del rumore elettronico.

In quest'ottica è molto importante scegliere con attenzione i propri strumenti di lavoro: le reflex, infatti, non sono tutte uguali.

Chi ha bisogno di lavorare con tempi rapidi nonostante la scarsa luminosità (come i fotografi di azione, di natura e di sport) dovrà scegliere una macchina capace di contenere il rumore elettronico agli alti valori ISO (sacrificando però il numero di megapixel).
Si osservino la terza e la quarta fotografia: raffigurano un cervo europeo (Cervus elaphus) fotografato nel folto della boscaglia dopo il tramonto, in condizioni di luce decisamente difficili. La macchina era montata sul cavalletto ma mi serviva egualmente un tempo rapido: non potevo certo pretendere che l'animale rimanesse fermo come una statua! Ho impostato il valore ISO a 800, così da poter usare un tempo di scatto rapido. Il successivo ingrandimento della zona centrale (foto 5) mette in risalto il rumore elettronico che inevitabilmente affligge l'immagine.

Chi invece si dedica alla fotografia di paesaggio o di architettura sa che lavorerà prevalentemente su cavalletto, oppure in piena luce. Potrà quindi scegliere un sensore caratterizzato da un'elevata risoluzione, ben sapendo che imposterà sempre valori ISO piuttosto bassi, guadagnando però in nitidezza e dimensioni del file.
La sesta fotografia (affresco sul soffitto di ingresso della Villa Tesoriera a Torino) è stata scattata con un dorso digitale di medio formato da 39 milioni di pixel, a una sensibilità di 50 ISO (macchina sul cavalletto, specchio sollevato, scatto flessibile). Il fortissimo ingrandimento della zona centrale (foto 7) mostra l'incredibile dettaglio ottenibile con una procedura del genere, ma soprattutto la totale assenza di rumore elettronico.

Da questo consegue che è sciocco contestare la scelta dei progettisti di non spingere oltre un certo limite il valore ISO di un sensore (a parte il fatto che 6400 ISO a me sembrano a dir poco "stellari"): evidentemente quella macchina è stata pensata per usi che non richiedono un'esagerata amplificazione del segnale in uscita, quali la fotografia in studio, l'architettura, la fotografia d'ambiente.
Il fotografo sportivo e chi ama riprendere animali in corsa all'imbrunire sceglieranno altri strumenti.
E per favore senza intasare i forum con discussioni inconcludenti.

Alla prossima.

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