Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere più divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

GIUGNO 2015

Bretelle fotografiche

Nel luglio 2012, inaugurando la serie dei “Tip del mese”, avevo suggerito un sistema comodo e pratico per portare in giro la reflex senza farsi segare il collo dalla cinghia: basta agganciare un paio di moschettoni (con un eventuale anello di cordino come prolunga) alle asole anteriori degli spallacci dello zaino e agganciarvi la cinghia delle fotocamera, nel punto dove viene rivoltata per essere infilata nel passante.

Recentemente, un fotografo che si era iscritto a uno dei miei workshop mi ha suggerito un sistema ancora diverso, prodotto dalla Cotton Carrier, un’azienda fondata dal fotografo Andy Cotton.

L’azienda produce tracolle, cinghie, cinture alle quali fissare la fotocamera e attacchi rapidi per il treppiede, ma i prodotti più interessanti sono le “vest”, in pratica delle robuste bretelle che – una volta indossate – consentono di assicurare ad appositi supporti una o due fotocamere, per averle sempre pronte e a portata di mano.

Rispetto al mio sistema, questo garantisce una maggiore stabilità: se anche il fotografo dovesse correre, la fotocamera non si metterebbe a ballonzolare (come farebbe se appesa a dei cordini) ma resterebbe ben salda contro il corpo.

Io ho acquistato (per una somma davvero irrisoria) e sperimentato il “Two cameras vest system”: un’imbragatura piuttosto massiccia che però consente di trasportare comodamente due fotocamere, anche abbastanza pesanti: una su una piastra all’altezza del petto, l’altra sul lato destro del cinturone.

Il sistema prevede che al fondello della fotocamera venga fissata (grazie a una brugola in dotazione) una piastra di aggancio rapido, che andrà poi ad inserirsi in un alloggiamento metallico presente nella parte anteriore dell’imbragatura.

Sul sito http://www.cottoncarrier.com è tutto chiaramente spiegato (in inglese), e anche le istruzioni che arrivano a casa insieme alla merce sono semplici e chiare.

Tra gli accessori (extra) è prevista anche una manopola che facilita l’impugnatura della fotocamera.

Una fettuccia dotata di moschettoni permette di assicurare la macchina all’imbragatura, impedendo cadute accidentali, possibili quando si sgancia rapidamente l’apparecchio dal suo supporto.

La seconda macchina si fissa nello stesso modo a un’analoga piastra presente sul lato destro del cinturone.

Il sistema è nato per soddisfare le esigenze di chi lavora a mano libera e ha bisogno di avere l’attrezzatura sempre immediatamente disponibile: fotografi sportivi, fotografi naturalisti, fotoreporter… Ma anche chi fotografa in viaggio o visitando una città può trarre vantaggio da questa soluzione.

Una volta indossata, l’imbragatura appare subito comoda ed ergonomica. E’ interamente regolabile e chiunque la può adattare alla propria corporatura.

Le cose cambiano quando si applicano le fotocamere.

Fino a quando il peso rimane contenuto, come quello di una reflex entry-level, il sistema si rivela ideale: la macchina resta solidale con il petto del fotografo; si può camminare, correre e persino saltare senza che l’imbragatura e quello che vi è fissato diano fastidio.

Nemmeno i lunghi teleobiettivi rappresentano un problema, grazie a una fettuccia munita di velcro cheaiuta a mantenere l’intero sistema solidale con il corpo dell’utilizzatore.

Applicare alla piastra pettorale una reflex di medio formato è invece meno comodo: se il fotografo non ha la stazza di un grizzly, il baricentro viene spostato in avanti e le cinghie dell’imbragatura iniziano a tirare sulle spalle.

Personalmente ho sottoposto il sistema a una prova severa: otto ore di cammino in territorio non pianeggiante, con una Phase One fissata alla piastra anteriore (tre chili con dorso digitale e obiettivo normale) e una Canon Eos-1 Ds Mark II assicurata al cinturone.

Io non sono certo un mingherlino (nella catena animale sono più vicino al grizzly che all’insetto-stecco), ma ho constatato che dopo poche ore il tutto inizia a dare fastidio, le bretelle dell’imbragatura pesano e sfregano contro le spalle e soprattutto si inizia a sudare.

Inoltre il sistema funziona bene se indossato su una maglietta leggera; se fa freddo diventa difficile aggiungervi sopra una giacca a vento, che ovviamente non può essere chiusa senza impedire l’accesso alle attrezzature.

Ho anche provato a indossare l’imbragatura sopra indumenti pesanti (appunto una giacca a vento), ma non sono stato capace di resistere per più di un’ora alla sensazione di essere legato come un salame!

Ripeto, io sono stato esageratamente esigente, proprio per scoprire i lati negativi del sistema usandolo ai limiti delle sue possibilità.

Questo non toglie che il sistema funzioni e si riveli ideale, ad esempio, quando si viaggia e si fa del turismo: camminare per le strade di Venezia con due fotocamere assicurate al corpo e subito disponibili è una sensazione impagabile: non appena vedi qualcosa di interessante sganci la macchina dal supporto, inquadri e scatti in una manciata di secondi.

Una libertà ben diversa dal doverti sfilare lo zaino dalle spalle, posarlo in terra, aprire la cerniera lampo, estrarre la macchina, inquadrare (con un occhio allo zaino posato in terra perché c’è sempre rischio che te lo freghino) e infine scattare, sempre che nel frattempo l’attimo decisivo non sia sfumato. Il tutto con il fastidioso sottofondo rappresentato dalla stizza della tua compagna di viaggio, che di fronte a quelle continue fermate e a quei maneggi ripetuti almeno cinque volte in un’ora ripete puntualmente, come un mantra implacabile, “uff! sei sempre lì a fotografare!”.

Meglio le bretelle.

Alla prossima.

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