Michele Vacchiano Cultural Photography

Il "tip" del mese

Ogni mese un suggerimento, un consiglio, un "trucco del mestiere" utile a rendere piů divertente, piacevole e professionale il lavoro del fotografo.

APRILE 2014

Perché il vostro obiettivo economico è migliore di quanto voi crediate.

Ne abbiamo già parlato ma poiché - come dicevano gli antichi che la sapevano lunga - repetita iuvant, proviamo a parlarne in altri termini.
Di cosa?
Ma del solito problema, la nitidezza delle immagini, una questione fortemente sentita da chi si proclama attento alla fotografia di qualità (come provano le mail che ogni settimana ricevo sull'argomento).
I fotografi dilettanti che usano la reflex utilizzano prevalentemente (quasi tutti) lo zoom fornito in dotazione con la macchina, classicamente il 18-55 adottato (con poche varianti) dalle case più note.
E tutti, nessuno escluso, impugnano la reflex a mano libera, anche nell'ombra di un campiello veneziano circondato da alte mura, o sotto il tendone di un mercatino rionale.
Ovviamente senza nemmeno immaginare di attivare il flash (oggetto generalmente considerato alieno - anche quando è incorporato nella calotta della reflex - e persino un po' temuto), perché "tanto io ho la mano ferma".
Quando poi scaricano la scheda di memoria e osservano le foto sullo schermo del loro PC, molti si accontentano del risultato raggiunto: San Marco non è nitido ma si riconosce, la fidanzata è sfocata ma non può essere altro che lei, per cui il ricordo della vacanza è salvo.
Altri - i pochi che leggono, si informano, confrontano le loro immagini con quelle di fotografi affermati pubblicate sul web (ma soprattutto su riviste, che al contrario del web non perdonano) - non sono soddisfatti di quello che hanno ottenuto.
Perché quelle fotografie che sembravano così limpide e squillanti sul display della reflex, e anche decisamente accettabili se visualizzate a pieno schermo sul PC, una volta portate alla dimensione dei pixel reali appaiono miseramente deludenti.
Non che siano sfocate o visibilmente mosse, no, ma hanno un qualcosa che non va, una mancanza di nitidezza e di definizione generale che non può essere corretta se non con un pesante (e distruttivo) ricorso alla maschera di contrasto.
E' vero, con ogni probabilità la foto non è destinata a diventare una gigantografia, e di sicuro una stampa di 12x18 centimetri apparirà più che degna, ma la voglia di qualità è un'esigenza insopprimibile, che va al di là delle considerazioni pratiche e contingenti.
Così si dà la colpa alla foschia, al moiré, all'architettura del sensore, al filtro passabasso, alla mancanza di proiezione telecentrica (mavalà), o più semplicemente all'obiettivo, economico e per ciò stesso scadente.
Senza pensare, invece, alla spiegazione più ovvia, che potrebbe essere immediatamente individuata se solo si desse un'occhiata ai dati di scatto (i famosi dati Exif, per essere precisi).
Si scoprirebbe allora che la maggior parte delle fotografie è stata scattata con tempi di otturazione inferiori al centesimo di secondo, ovviamente a mano libera, come abbiamo già detto, e magari con lo zoom impostato alla massima focale!
Si osservino la fotografia degli abeti innevati e il suo ingrandimento.
E' una suggestiva immagine scattata nella Lapponia finlandese, 300 chilometri a nord del Circolo Polare.
Bella da vedere se pubblicata a dimensioni web, si rivela impietosamente mossa se si osserva il particolare ingrandito al 100 per cento.
E' stata scattata a un ventesimo di secondo, un tempo di otturazione che molti ritengono ancora praticabile a mano libera!
Ecco quindi il vero problema: i tempi di otturazione normalmente usati dai principianti sono troppo lenti per garantire una nitidezza adeguata.
La colpa, dunque, non è dell'obiettivo, della foschia o di altre fantasiose variabili, ma del micromosso, quell'insidioso diavoletto che sempre attenta alla nitidezza delle nostre immagini quando presumiamo, sbagliando, di avere mano ferma e polso d'acciaio.
Perché il cuore pulsa, il sangue circola, e sarebbe davvero da sciocchi pensare che il nostro sistema muscolo-scheletrico possa restare immobile anche solo per una frazione di secondo!
Senza considerare che lo specchio reflex, sollevandosi, genera vibrazioni che non sempre si smorzano completamente prima dell'apertura dell'otturatore: anche queste vibrazioni (infinitesime ma presenti) contribuiscono ad abbassare la nitidezza delle nostre immagini.
Prima di individuare le possibili soluzioni, è necessario sfatare una leggenda, anzi una bufala, propalata come verità di fede prima sulla carta stampata ed ora anche sul web.
Si tratta di una regola secondo cui il tempo "di sicurezza" è pari al reciproco della lunghezza focale dell'obiettivo in uso.
Tradotto in lingua corrente, significa che con una focale da 50mm dovrei essere tranquillo scattando a un cinquantesimo di secondo, un centesimo con 100mm e così via.
In teoria la cosa può funzionare, entro certi limiti, se si stampa la foto formato cartolina, o la si riduce per il web, ma non appena si ingrandisce un po' l'immagine, quel micromosso che il piccolo formato di stampa nascondeva salta impietosamente all'occhio.
Ma allora, qual è il tempo di sicurezza?
Ok, ecco la cattiva notizia: NON ESISTE un tempo di sicurezza!
La percezione di nitidezza, infatti, non dipende dal tempo di otturazione impostato, ma dall'ingrandimento al quale l'immagine sarà sottoposta: quanto più è grande, tanto più si vedono i difetti.
A questo punto qualcuno potrà obiettare che quanto detto fin qui può andar bene se si parla di obiettivi tradizionali, oppure economici, ma che tutto cambia quando entra in gioco lo stabilizzatore ottico.
Ok, parliamone (ringrazio anzi l'amico che me lo ha ricordato).
Lo stabilizzatore (parliamo di quello ottico, perché lo stabilizzatore digitale è un artificio software che incide pesantemente sulla qualità del risultato finale) permette di fotografare a mano libera con tempi di otturazione doppi o quadrupli rispetto a quelli richiesti dalla necessità di ottenere un'immagine ferma.
Nella sua forma più diffusa un sistema meccanico, basato su un giroscopio, sposta una o più lenti dell'obiettivo controbilanciando i movimenti della mano.
Giusto per stroncare sul nascere facili quanto dannose illusioni, va detto che  il sistema è efficace solo quando i movimenti sono davvero minimi, ma anche quando il tempo di otturazione non è esageratamente lento: al di sotto del ventesimo di secondo anche lo stabilizzatore più efficace fa fatica.
In parole chiare, il dispositivo è utile, anzi indispensabile, quando ci si dedica al reportage, alla fotografia di strada, alla fotografia sportiva e a tutti quei generi per i quali il treppiede rischierebbe di rappresentare un ingombro.
Ma diventa perfettamente inutile quando si pretende di fotografare a mano libera all'interno di una chiesa durante un weekend a Venezia!
Lo stabilizzatore, quindi, aiuta ma non fa miracoli: la sua efficacia è - ancora una volta - legata all'ingrandimento a cui si sottopongono il file o il negativo, oltre che al tempo di otturazione effettivamente usato.
Ne consegue che in nessun caso lo stabilizzatore - per quanto efficace - può sostituire il cavalletto.
A proposito di cavalletto, è raccomandabile disattivare lo stabilizzatore se la reflex è fissata a un appoggio stabile (non solo quando è sul cavalletto ma anche su un tavolo o appoggiata contro un muro): se il meccanismo è in funzione quando non serve rischia di generare - paradossalmente - un effetto di mosso, visibile specialmente in corrispondenza dei piani fuori fuoco.
In teoria gli stabilizzatori di ultima generazione dovrebbero risultare esenti da questo fenomeno: meglio comunque verificare.
Riassumendo: i "tempi di sicurezza", suggeriti da una manualistica corrente ma frettolosa, in realtà non hanno senso (se non per ingrandimenti davvero dilettantistici), e nemmeno lo stabilizzatore - che pure si rivela efficace  in determinate circostanze - può rappresentare la soluzione definitiva al problema dei difetti di nitidezza dovuti al micromosso.
Quindi è meglio che i difetti non ci siano (almeno quelli evitabili)!
Ma allora, come evitarli?
Con tre semplici accorgimenti, che vi consiglio di sperimentare PRIMA di restituire al negozio il vostro zoom economico in cambio di un modello più performante:
1. Fotografate con la macchina sul cavalletto, o saldamente appoggiata a un supporto solido (vanno bene anche un tavolo, un muro, una colonna): la fotografia notturna che compare in questa pagina (battello sul fiume Kemijoki a Rovaniemi, Finlandia) è stata realizzata appoggiando la reflex a una panchina.
2. Se la vostra reflex lo consente (purtroppo molti modelli economici non hanno questa funzione) sollevate lo specchio prima dello scatto. Il sollevamento preventivo dello specchio merita qualche chiarimento "tecnico". La procedura non è uguale per tutte le macchine (bei tempi quando bastava sollevare una levetta!). Nelle fotocamere Nikon, ad esempio, c'è solo una rotellina da ruotare: una procedura semplice che però non tutti conoscono (non sono pochi i possessori di Nikon che, durante i miei workshop, mi chiedono il significato di quella strana parola, "Mup", riportata sulla ghiera delle modalità di scatto: ovviamente sta per "mirror up", e cioè "specchio sollevato"). E' una vera fortuna per i nikonisti poter comandare il sollevamento preventivo dello specchio azionando una semplice rotellina: i canonisti devono comandarlo tramite menu (il che è un po' più lungo e macchinoso, specialmente per i principianti). Dopo avere attivato questa funzione, occorre azionare due volte il pulsante di scatto: il primo scatto solleva lo specchio, mentre il secondo fa scattare l'otturatore, dando il tempo alle vibrazioni di smorzarsi.
3. Usate un telecomando, oppure l'autoscatto, per evitare spostamenti accidentali dovuti alla pressione del dito sul pulsante.
L'unione di specchio sollevato e telecomando/autoscatto (ovviamente con la macchina sul cavalletto!) garantisce i risultati migliori.
In alcune fotocamere, come la Phase One 645DF (reflex di medio formato con dorsi intercambiabili) il ritardo dell'autoscatto è selezionabile in modo continuo da 2 a 60 secondi e il sollevamento dello specchio è programmabile direttamente dal selettore delle modalità di scatto.
Peccato invece che Nikon (parlo dei modelli che ho visto usare dai fotoamatori; non conosco il comportamento dei modelli "top di gamma") non permetta di usare il sollevamento dello specchio in unione con l'autoscatto, per cui i nikonisti sono costretti a procurarsi un telecomando.
Misteri e stupidaggini della progettazione!
Osservate adesso la foto del nodo di fibre vegetali e l'ingrandimento al 100 per cento della zona centrale: è stata realizzata proprio mettendo in atto i tre "barbatrucchi" appena descritti.
Provateci.
Poi scaricate la scheda di memoria, portate le immagini al 100% e preparatevi ad erompere in un "Oooh!" di meraviglia: rispetto a prima, le vostre immagini sembreranno scattate con strumenti che non sono i vostri.
Segno che il vostro zoom economico è un obiettivo più che degno e che il problema non stava in lui, ma in voi.
Alla prossima.

Gallery

Battello sul fiume Kemijoki a Rovaniemi (Finlandia). Con una sensibilità di 200 ISO e un diaframma 8, il tempo risultante era pari a 15 secondi. Ho scattato appoggiando la reflex a una panchina sul lungofiume, garantendomi così la necessaria nitidezza. Un'altra suggestiva immagine scattata nella Lapponia finlandese, 300 chilometri a nord del Circolo Polare. Bella da vedere se pubblicata a dimensioni web, si rivela impietosamente mossa se si osserva il particolare ingrandito al 100 per cento. Eppure un ventesimo di secondo è un tempo di otturazione che molti giudicano ancora praticabile a mano libera! Un'altra suggestiva immagine scattata nella Lapponia finlandese, 300 chilometri a nord del Circolo Polare. Bella da vedere se pubblicata a dimensioni web, si rivela impietosamente mossa se si osserva il particolare ingrandito al 100 per cento. Eppure un ventesimo di secondo è un tempo di otturazione che molti giudicano ancora praticabile a mano libera! Non sono pochi i possessori di Nikon che, durante i miei workshop, mi chiedono il significato di quella strana parola, Mup, riportata sulla ghiera delle modalità di scatto. Eppure è una delle funzioni più utili! Mup sta infatti per mirror up, e cioè specchio sollevato. Dopo avere attivato questa funzione, occorre azionare due volte il pulsante di scatto: il primo scatto solleva lo specchio, mentre il secondo fa scattare l'otturatore, dando il tempo alle vibrazioni di smorzarsi. I manuali di istruzioni raccomandano di  utilizzare questa funzione con la macchina sul cavalletto, ma io lo faccio anche quando lavoro a mano libera (ovviamente se il soggetto è immobile, dato che con lo specchio sollevato il mirino si oscura). E' una vera fortuna per i nikonisti poter comandare il sollevamento preventivo dello specchio azionando una semplice rotellina: i canonisti devono comandarlo tramite menu (il che è un po' più lungo e macchinoso, specialmente per i principianti). Per contro, la maggior parte dei modelli Nikon non permette di usare il sollevamento dello specchio in unione con l'autoscatto, il che sarebbe logico proprio per incrementare ulteriormente la nitidezza; per cui i nikonisti sono costretti a procurarsi un telecomando se vogliono evitare vibrazioni dovute alla pressione sul pulsante di scatto. Nelle fotocamere di medio formato (come questa Phase One 645DF) il sollevamento dello specchio è semplice ed intuitivo: il selettore della modalità di scatto prevede, oltre alla modalità spento (L), lo scatto singolo, lo scatto continuo e il sollevamento preventivo dello specchio (M.UP). Ovviamente lo si può utilizzare in unione con l'autoscatto, con un ritardo selezionabile in modo continuo da 2 a 60 secondi. Macchina su cavalletto, specchio sollevato, telecomando: il nodo di fibre vegetali che lega una fascina e un ingrandimento al 100 per cento della zona centrale. Macchina su cavalletto, specchio sollevato, telecomando: il nodo di fibre vegetali che lega una fascina e un ingrandimento al 100 per cento della zona centrale.