Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

MARZO 2020

Livelli di lettura

In ogni immagine, io tendo a individuare tre livelli possibili di lettura.

  1. Livello denotativo
  2. Livello connotativo
  3. Livello ermeneutico

1. Il livello denotativo è ciò che si vede. Nel caso della fotografia pubblicata in calce all’articolo (cliccateci sopra per ingrandirla), una bicicletta di colore arancione carico ripresa in prospettiva da dietro sul viale di un luogo che potrebbe essere un giardino o un parco pubblico.
Il tempo è nuvoloso perché non ci sono ombre nette e sull’acciottolato del viale ci sono diverse foglie gialle, segno che la fotografia è stata scattata in autunno.
Come si può facilmente constatare, il livello denotativo attinge a un lessico comune a tutti gli appartenenti a una determinata cultura: qualunque abitante di un mondo ragionevolmente industrializzato sarebbe in grado di dare questa interpretazione (non potrebbe darla solo chi non avesse mai visto una bicicletta in vita sua, o non avesse esperienza del fatto che le foglie in autunno ingialliscono e cadono).

2. Il livello connotativo è più sfumato e difficile da individuare con precisione, dato che non esistono lessici connotativi comuni chiaramente codificati, e l’interpretazione a questo livello diventa personale e soggettiva.
Il lettore/ascoltatore/spettatore di un qualunque messaggio (scritto, parlato, suonato o visto) lo interpreta confrontandone il contenuto con i suoi vissuti, le sue esperienze, la sua visione del mondo.
Per questo, a livello connotativo la stessa immagine può essere letta e interpretata in modi diversi a seconda delle persone che la guardano.
Una bicicletta abbandonata sul viale di un parco può suscitare idee e sensazioni contraddittorie: velocità, attesa, solitudine, abbandono, tristezza o decadenza (l’atmosfera autunnale), voglia di pedalare, unione con la natura, vita all’aperto, sportività, agilità, buona amministrazione (se la bici fa parte di un servizio comunale di bike sharing), e mi fermo qui per non esagerare con l’elenco, ma se volete potete scatenare la fantasia e continuare.
Questo porta con sé una conseguenza che di solito al fotografo non piace, e che consiste nella effettiva e irrimediabile ambiguità del suo messaggio.
Non illudiamoci sul fatto che lo spettatore coglierà e condividerà esattamente le sensazioni che noi abbiamo provato davanti al soggetto: la nostra sarà una semplice “proposta di lettura” che lui confronterà con i suoi personali lessici connotativi, dando alla nostra fotografia un’interpretazione che dal nostro punto di vista potrebbe apparire aberrante, ma che sarà comunque valida se legittimata dalla struttura dell’opera.

3. Il livello ermeneutico è per esperti, perché consiste nell’analizzare l’opera alla ricerca delle sue modalità formative.
In parole semplici, nel capire che tipo di obiettivo ha usato l’autore, come ha illuminato il soggetto (direzione, quantità e qualità della luce), come ha ottenuto quel range di nitidezza e quel tipo di sfocato...
Non si tratta di un esercizio tecnico fine a sé stesso, ma di un’operazione che ci fa capire perché l’autore abbia effettuato certe scelte e non altre, e come le scelte da lui fatte siano servite a rendere più o meno efficace il suo messaggio.
È quello che dico sempre: leggete le riviste e osservate le foto pubblicate; chiedetevi come ha fatto l’autore a ottenere quell’immagine e come l’abbia strutturata per rendere più efficace il suo messaggio; chiedetevi che cosa avreste fatto voi al suo posto (non importa se lui è un professionista affermato e voi semplici principianti: avete tutto il diritto di pensarla in modo diverso).
È proprio il livello ermeneutico che consente a chi guarda una fotografia di capirne la genesi e assorbire gli insegnamenti (non solo tecnici o compositivi) che ne derivano.

Chi non teme di addentrarsi nei territori della semiologia e ha voglia di approfondire il discorso, può leggere questo saggio, pubblicato nell’ormai lontano 1992 sui Quaderni di ricerche semiotiche.

Alla prossima.

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