Michele Vacchiano Cultural Photography

L'articolo del mese

GENNAIO 2019

L’insostituibile cavalletto

Chi non fosse convinto che il cavalletto (o un appoggio molto stabile) rappresenta l’unica soluzione per ottenere foto nitide, osservi le due immagini pubblicate in calce a questo articolo.
La prima raffigura le colline delle Langhe con il borgo e il castello di Serralunga d’Alba.
La ripresa è stata effettuata da San Giuseppe di Monforte, utilizzando una Canon Eos 5DS R e un obiettivo al di sopra di ogni sospetto: Carl Zeiss Apo-Sonnar 135mm f/2.
La sensibilità era impostata al valore minimo (ISO 100), il tempo di otturazione era di 1/200 di secondo con un diaframma 6,3.
Il diaframma impostato rappresenta la scelta ideale per fotografare all’infinito, situazione in cui la qualità della ripresa è molto più importante della profondità di campo, di fatto irrilevante.
Come è noto, i diaframmi intermedi rappresentano il miglior compromesso tra correzione delle aberrazioni e controllo della diffrazione.
Un tempo di otturazione di un duecentesimo di secondo potrebbe sembrare un tempo molto rapido.
In base alla vecchia regola nata ai tempi della pellicola e ancora sostenuta da molti, con un 135 millimetri sarebbe stato sufficiente un centotrentacinquesimo di secondo (che possiamo arrotondare a un centocinquantesimo) per evitare il micromosso.
Quindi, il duecentesimo da me usato avrebbe dovuto mettermi ampiamente al sicuro.
Invece, guardate la seconda immagine, che è un ingrandimento al 100% del borgo e del castello di Serralunga: compatibilmente con la qualità del web e del monitor di chi osserva, non si può non notare una leggera (ma avvertibile) perdita di nitidezza dovuta al micromosso.
Questo dimostra tre cose.
La prima è che la famosa regoletta è da prendere con le pinze: sicuramente funziona se non si ingrandisce troppo il file in fase di stampa; ma quando si visualizza l’immagine al 100% (cosa che le agenzie di stock e i clienti professionali fanno sempre e comunque) diventa molto opinabile.
La seconda è che il cavalletto va legato allo zaino fotografico dovunque si vada.
La terza è che – là dove non si può usare il cavalletto – bisogna imparare a sfruttare tutti gli appoggi che il luogo ci mette a disposizione, e se l’appoggio non è esattamente dove vorremmo noi, si accetta la sfida e si cerca di ottenere ugualmente una buona fotografia.
Però attenzione: la colpa del micromosso non è sempre da imputare al tempo di otturazione.
Lo specchio reflex, sollevandosi, urta contro la base del pentaprisma e può – a seconda delle macchine e dell’efficacia dei sistemi di ammortizzazione – indurre vibrazioni più o meno intense.
Se si fa scattare l’otturatore prima che le vibrazioni si siano smorzate, il micromosso è garantito (soprattutto, ripeto, se visualizziamo l’immagine al massimo ingrandimento).
Perciò, se la fotocamera possiede questa funzione e se il soggetto è fermo, è opportuno ricorrere al sollevamento preventivo dello specchio reflex (chi usa le mirrorless non ha questo problema) e attendere due o tre secondi prima di far scattare l’otturatora.
Infine, per evitare spostamenti accidentali dovuti alla pressione sul pulsante di scatto, è buona norma utilizzare lo scatto remoto (a filo o a radiocomando) o anche l’autoscatto, impostato su un ritardo di almeno due secondi (ma quattro è meglio, giusto per stare sul sicuro).
Questi sono gli ingredienti di una fotografia nitida, anche se ingrandita al 100%.
La terza fotografia pubblicata in calce all’articolo rappresenta il borgo di Manarola (Cinque Terre, provincia di la Spezia), fotografato su un sensore di medio formato (40,4 x 54,9 mm) da 60 milioni di pixel.
Come è noto, quanto più crescono le dimensioni e – soprattutto – la densità del sensore, tanto più il micromosso rischia di evidenziarsi.
Per questo motivo, è indispensabile prestare tanta più attenzione quanti più fotodiodi (o pixel) sono presenti sul sensore.
Per realizzare questo scatto è stato utilizzato un obiettivo da 55 millimetri (corrispondente, in questo formato, a un 35 millimetri sul formato Leica), cavalletto, specchio sollevato preventivamente, autoscatto con ritardo di 4 secondi.
La quarta e ultima immagine raffigura un ingrandimento della zona di messa a fuoco, che sottolinea l’incredibile nitidezza ottenibile con gli accorgimenti descritti.
Alla prossima.

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